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Kenya, dopo la strage raid in Somalia

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Kenya, dopo la strage raid in Somalia

L’aviazione militare del Kenya ha bombardato due campi di al-Shabab in Somalia nella regione di Gedo. L’offensiva avviene a pochi giorni dal massacro compiuto dagli stessi jihadisti al campus universitario di Garissa, a 350 chilometri da Nairobi, con almeno 150 morti,in maggioranza studenti cristiani.

È la prima risposta militare del Kenya dopo che sabato scorso il presidente Uhruru Kenyatta aveva minacciato gli estremisti islamici di rappresaglie, affermando che il suo Paese avrebbe reagito «nella maniera più dura possibile, combattendo il terrorismo fino alla fine».

Nei vari raid aerei - iniziati domenica sera e proseguiti anche ieri - le forze keniane hanno colpito due campi dei miliziani legati ad al-Qaeda, Gondodowe e Ismail, entrambi nella regione al confine con il Kenya. Nuvole di fumo provocate dalle bombe hanno reso difficile stabilire i danni dopo l’attacco o fare una stima esatta del numero di morti. Un portavoce delle forze militari del Kenya ha dichiarato: «Abbiamo colpito due zone specifiche, in quanto, secondo le informazioni in nostro possesso, è da lì che provengono i miliziani che attaccano il Kenya».

Montano intanto le polemiche sulla sicurezza dopo che il quotidiano Daily Nation ha denunciato ritardi nel blitz della polizia keniota al college. Secondo il giornale le forze dell’ordine attesero ben sette ore prima di inviare un’unità delle forze speciali al campus. E, una volta intervenute, impiegarono solo trenta minuti per uccidere i fondamentalisti e porre fine all’assalto.

Il governo di Nairobi respinge le accuse. Il portavoce del presidente Manoah Espisu ha riferito alla Bbc online che i «militari arrivarono pochi minuti dopo l’assalto a Garissa e il loro intervento servì a salvare molte vite umane».

In un Paese scioccato dalla strage, con le polemiche che investono le autorità, a sconcertare la popolazione è la notizia che uno dei terroristi che attaccarono Garissa era il figlio di un funzionario di governo. Il portavoce del ministero dell’Interno, Mwenda Njoka, ha riferito infatti che nello squadrone della morte al-Shabab c’era anche il kenyano Abdirahim Mohammed Abdullahi: suo padre, un alto funzionario nella contea di Mandera, aveva denunciato la scomparsa del figlio l’anno scorso dicendo di temere che fosse andato in Somalia.

Inoltre, nelle ultime ore, è esploso il dramma delle persone che non hanno più notizie dei parenti che si trovavano all’interno del campus universitario. E il riconoscimento delle salme è praticamente impossibile.

Intanto un noto parlamentare kenyano, Aden Duale, ha proposto la chiusura del campo profughi di Dadaab che ospita attualmente circa mezzo milione di somali, fuggiti dal loro Paese natale affermando che la struttura è anche un «centro di reclutamento per i terroristi».

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