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Onu: corridoio umanitario per Yarmouk

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Onu: corridoio umanitario per Yarmouk

Cresce l’allarme internazionale per il campo profughi palestinese di Yarmouk, alle porte di Damasco, occupato quasi interamente dall’Isis. Il gruppo jihadista ha diffuso il primo video dei suoi miliziani mentre si aggirano all’interno della struttura, immagini probabilmente girate al momento della conquista del campo. Il campo dista cinque chilometri dal centro della capitale siriana e ieri l’aviazione del regime ha continuato per tutta la mattinata il bombardamento di varie zone.

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha chiesto che sia consentito l’accesso alle agenzie umanitarie. Il plenum composto da 15 Paesi ha chiesto «la protezione dei civili, l’assistenza umanitaria e di salvare vite» umane, come ha spiegato l’ambasciatrice giordana, Dina Kawar, il cui Paese ha la presidenza di turno. Chris Gunness, portavoce dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, ha avvertito che nel campo la situazione è «al di là del disumano».

L’Isis ha attaccato il campo mercoledì scorso e ha il controllo del 90% della struttura. Il video che ha diffuso documenta per la prima volta la presenza dei suoi uomini nella zona di Damasco: nelle immagini i jihadisti, alcuni con i passamontagna e le armi, posano con le bandiere nere del Califfato in via al-Yarmouk, alla moschea Al-Wasim e in un complesso di sicurezza che secondo l’Isis è sotto il controllo dei miliziani. Un adolescente fuggito, Amjaad Yaaqub, 16 anni, ha raccontato di aver visto «due miliziani che tiravano al pallone con una testa decapitata come se giocassero a calcio». Lui si è salvato per miracolo, perché - picchiato selvaggiamente dai miliziani, è svenuto e i jihadisti, che cercavano il fratello maggiore, hanno pensato che fosse morto.

L’Olp ha reso noto che una delegazione palestinese sta negoziando con Damasco gli aiuti agli abitanti del campo profughi. Ma finora sono riusciti ad abbandonare il campo solo poche centinaio di famiglie. Secondo Save the Children, all’interno sono rimasti intrappolati almeno 3.500 bambini, con il rischio di essere uccisi o feriti, senza cibo, acqua e assistenza medica. La delegazione palestinese avrà anche colloqui con le varie fazioni palestinesi per decidere come contrastare la minaccia dell’Isis.

Intanto, nelle zone irachene appena liberate dall’Isis, si è cominciato a scavare a Tikrit, dove in almeno dodici siti si trovano fosse comuni in cui sarebbero sotterrati i corpi di 1.700 soldati uccisi l’anno scorso dallo Stato islamico. L’area è quella di Camp Speicher, una ex base americana, appena fuori dalla città sunnita. L’esumazione dei corpi avviene anche nel palazzo che fu di Saddam Hussein, giorni dopo che i miliziani dell’Isis sono stati spinti alla fuga dall’arrivo delle truppe irachene appoggiate dalle milizie sciite: «Finora abbiamo trovato 20 corpi», ha raccontato Khalid al-Atbi, un ufficiale sanitario, «ed è stata una scena da spezzare il cuore. Non possiamo impedire a noi stessi di cedere alle lacrime. Quale razza di selvaggio barbaro è in grado di uccidere 1.700 persone a sangue freddo?».

L’orrore dell’Isis continua dunque senza fine, tra Siria e Iraq, mentre i Paesi del Golfo, guidati dall’Arabia Saudita, sono decisamente più motivati ad arginare la ribellione degli Houthi in Yemen, a loro volta appoggiati dalla grande potenza sciita della regione, l’Iran. Gli scontri tra opposte fazioni si intensificano e gli Stati Uniti hanno dichiarato ieri di aver accelerato la fornitura di armi alla coalizione guidata dai sauditi. A dichiararlo è stato il vice segretario del Dipartimento di Stato, Anton Blinken, in visita a Riad: «L’Arabia Saudita sta lanciando un messaggio forte agli Houthi: non si possono sovvertire gli equilibri in Yemen attraverso la forza. In questo ambito abbiamo accelerato alcune forniture belliche, intensificato la condivisione di informazioni e istituito una cellula congiunta di pianificazione nel centro operativo saudita».

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