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Poletti: mutui per gli assunti a tutele crescenti

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Poletti: mutui per gli assunti a tutele crescenti

  • –Giorgio Costa

BOLOGNA

Il contatto di lavoro a tutele crescenti deve favorire l’accesso al credito, così come avveniva per i dipendenti a tempo indeterminato. E questo sarebbe un ottimo volano per dare forza all’economia e alla ripresa italiana. Lo ha affermato con forza ieri a Bologna il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, intervenendo a un convegno di Carisbo-IntesaSanpaolo sul tema “Credito, sviluppo, lavoro”. «Dalle banche – ha ribadito Poletti - mi aspetto che eroghino mutui a chi ha un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti come a quelli che avevano un contratto a tempo indeterminato di prima. Del resto, questo è il contratto che avremo per i prossimi 50 anni e dobbiamo abbattere l’ultima trincea di chi dice che quel contratto è precario e la prova è che i mutui non li danno».

La risposta di IntesaSanpaolo non si è fatta attendere: «Da giugno 2011 – ha spiegato il Ceo Carlo Messina – abbiamo erogato 120 miliardi di euro. Ma il fatto interessante è che nei primi tre mesi del 2015 le erogazioni sono state pari a 8 miliardi, su un budget complessivo di 35; e 4 miliardi sono stati erogati solo a marzo. Da sottolineare, poi, che la maggior parte dei nostri denari vanno a Pmi e famiglie, con un aumento delle erogazioni nei loro confronti del 44 per cento». Del resto, ha aggiunto Messina, «i numeri dimostrano che IntesaSanpaolo è la banca più forte in Europa e le banche italiane sono messe spesso molto meglio di quelle tedesche che hanno, e avranno, sofferenze enormi per la grande quantità di derivati che detengono. Su questo è importante che l’Italia faccia sentire la sua voce a Bruxelles. Magari chiedendo sistemi di rating d’impresa che inseriscano valutazioni non solo quantitative ma anche qualitative e che tengano conto ad esempio del livello di ricerca e innovazione».

Un punto questo su cui ha insistito anche l’economista Alberto Quadrio Curzio, vice presidente dell’Accademia dei Lincei: «L’Europa – ha detto – non deve guardare solo ai saldi di bilancio, ma alle politiche di sviluppo» e, sul fronte degli investimenti, ha esortato l’Italia a imitare la Germania («la cassa depositi e prestiti tedesca ha un potenziale di 800 miliardi a disposizione delle imprese») invitando il governo «a non buttare all’aria le fondazioni bancarie che hanno un ruolo attivo e meritorio nel sostegno ai territori e alla coesione sociale». Sul fronte del credito Gian Maria Gros Pietro, presidente del consiglio di gestione di IntesaSanpaolo, ha sostenuto che se da un lato c’è correlazione tra crescita del credito e intensità del miglioramento dei conti economici, d’altra parte «una massa di credito superiore all’80% del Pil rischia di rallentare la crescita stessa favorendo bolle speculative, come è successo in campo immobiliare». D’altra parte, come ha sostenuto Poletti, anche l’obiettivo della crescita dei consumi va realizzato correttamente per evitare che la spesa si indirizzi verso prodotti che arricchiscono produttori stranieri e non nazionali.

Prudente, sul fronte delle prospettive, l’ex presidente del consiglio e della Commissione Ue, Romano Prodi, che ha sottolineato come il quadro generale stia rapidamente cambiando, con la “vecchia” economia (Usa ed Europa in testa) che torna a crescere, la “nuova” (Brasile e Russia in primis) che rallenta e l’Africa che stenta a fare numeri significativi. «Basso costo del petrolio, euro debole e quantitative easing sono tre elementi importanti, ma la domanda è quanto dureranno e l’Italia – ha insistito Prodi - non deve perdere un minuto». E se anche se le politiche del lavoro di Renzi «vanno nella direzione giusta» avverte l’ex premier, non non ci si deveaspettare che le nuove assunzioni raggiungano numeri esorbitanti, perché «tra le riprese che abbiamo finora non c’è l’edilizia».

Per l’Italia il problema vero resta il divario Nord-Sud, e il rischio maggiore per la nostra industria è quello «di non riuscire ad affrontare la necessaria innovazione tecnologica». Sul fronte europeo, ha concluso Prodi, «la preoccupazione di un default di Atene è rinata perché la tensione fra la Grecia e non solo la Germania ma tutte le istituzioni europee si è molto inasprita» arrivando a un punto «non necessario» .

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