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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2015 alle ore 06:36.

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Diluire gli effetti del rimborso nel tempo modulando al contempo il valore dello stesso in modo inversamente proporzionale all’importo delle pensioni. La strada che il governo sta valutando per dare seguito alla sentenza 70/2015 della Corte costituzionale supera il vaglio dei giuristi. Di certo c’è che, come già precisato dal presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick nei giorni scorsi, non c’è alcun giudice di fronte a cui si possano impugnare le sentenze della Consulta e, dall’altra parte, tali decisioni devono essere rispettate.

Per quest’ultimo motivo, il costituzionalista Augusto Barbera esclude la possibilità che si possa porre rimedio a posteriori a uno dei punti contestati dalla Consulta e cioè la genericità della motivazione che ha portato al blocco della perequazione nel 2012-2013. «Se ciò fosse possibile - spiega - la Corte costituzionale sarebbe ridotta al livello di un Tar. Infatti se i tribunali amministrativi ritengono un provvedimento sufficientemente motivato si può intervenire di nuovo riadottando e motivando. Ma non oso pensare che la Corte sia ridotta a questo». Secondo il costituzionalista potrebbe invece essere percorsa la strada che prevede la rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo e al contempo un incremento del contributo di solidarietà introdotto dal governo Letta sulle pensioni più alte perché in questo modo si realizzerebbe anche quell’effetto solidaristico auspicato dalla Corte. Operazione che dovrebbe essere compiuta con una legge.

A fronte della censura per aver colpito anche le pensioni di importo meno elevato, anche il giurista ed ex ministro del Lavoro Tiziano Treu ritiene ammissibile «la restituzione completa della perequazione per i livelli più bassi prevedendo un intervento graduato per quelli più elevati». Possibile ipotizzare inoltre una rateizzazioni dei rimborsi per far fronte alle esigenze di gestione della liquidità. Tuttavia «i soldi necessari, pochi o tanti che siano anche in prospettiva futura, andrebbero reperiti all’interno del sistema previdenziale, togliendo a chi percepisce di più per dare ai più poveri, evitando di caricare ulteriormente il peso delle pensioni sui giovani».

Il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli, ammettendo la «dilazione nel tempo del rimborso e la gradualità dello stesso in base all’importo della dimensione del trattamento pensionistico» ritiene difficile ipotizzare, come è stato fatto, «l’utilizzo di soluzioni straordinarie come il ricorso ai Bot perché determinerebbe meccanismi complicati ed effetti meno utili per i trattamenti più bassi». L’azione del Governo, peraltro, deve tener conto dei principi ribaditi dalla Consulta, in particolare quello che «la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici è diretta a garantire nel tempo adeguatezza e sufficienza del trattamento perciò ci possono essere limitazioni» ma purché ragionevoli e non in contrasto con il principio di adeguatezza.

Peraltro, in caso di gradualità del rimborso, spetta al governo individuare la soglia sotto la quale riconoscere la perequazione piena. La Corte, infatti, ha criticato l’intervento perché ha inciso sulle pensioni di importo contenuto, ma non ha indicato la soglia da rispettare per il futuro.

Lavorare sull’asse del tempo per dare seguito alla sentenza della consulta è soluzione condivisa dal costituzionalista Francesco Clementi, che evidenzia però l’apertura di un fronte europeo di cui i giudici sembrano non aver tenuto conto. «Si rischia un dilemma con doppia incostituzionalità: se rispettiamo completamente la sentenza domani mattina non solo il Def andrebbe rifatto ma avremmo problemi a rispettare i vincoli di bilancio e gli accordi presi con l’Unione europea. Se invece non seguissimo quanto indicato dalla Corte saremmo nell’incostituzionalità più evidente. Il dilemma è molto serio perché nei fatti pone Governo e Parlamento da una parte o la Corte dall’altra fuori dal vincolo della sovranità condivisa con l’Ue che l’Italia a scelto». A questo riguardo si potrebbe chiedere un parere non vincolante alla Corte di giustizia europea che ponga la questione all’ordine del giorno, perché sentenze di questo tipo mettono a rischio il senso dello stare insieme. Ora, comunque, il governo «non può che eseguire la sentenza ma nei modi, nelle forme e nei tempi più convenienti per rispettare i vincoli europei» utilizzando un decreto legge in modo da impedire ricorsi di fronte al giudice da parte dei pensionati interessati al rimborso.

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