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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2015 alle ore 06:36.

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«Per avere un rafforzamento della crescita dell’economia serve il rilancio degli investimenti e in questa partita è decisivo il ruolo della politica di coesione. I fondi strutturali europei e il Fondo di sviluppo e coesione (Fsc) rappresentano il futuro della spesa in conto capitale, visto che già oggi pesano per il 51% sul totale della spesa in conto capitale nel Mezzogiorno e per il 25% nel Centro-nord. Siamo preoccupati che di questa riserva strategica, che dovrebbe essere al centro del dibattito politico, non si parli e che da alcune settimane si protragga invece una situazione di incertezza e di sospensione per cui non si sa neanche chi nel governo abbia la delega per fare cosa». Alessandro Laterza, vicepresidente di Confindustria con delega al Mezzogiorno e alle politiche regionali, non nasconde un forte allarme degli industriali, soprattutto sul fronte dell’impiego delle risorse nazionali del Fsc. «Rischiamo - dice - di non utilizzare masse importanti di residui delle vecchie programmazioni 2000-2006 e 2007-2013 e di partire già molto in ritardo con la nuova programmazione 2014-2020, come è accaduto in passato con risultati disastrosi».

Ci fa qualche esempio numerico di questo disastro?

Nel ciclo di programmazione 2007-2013 il Fas (Fondo aree sottoutilizzate), che è poi diventato Fondo sviluppo e coesione, è partito con una dotazione di risorse di 64 miliardi, poi ridotta a 44 miliardi per coprire una serie di esigenze di bilancio. La programmazione ha destinato queste risorse, soprattutto i 19,9 miliardi per le amministrazioni centrali, alle più svariate esigenze, spesso di natura corrente, come il ripiano dei debiti del servizio sanitario nazionale o del trasporto pubblico locale o ancora al finanziamento degli ammortizzatori sociali. Per questo si è detto che il Fas è stato usato come un Bancomat, con destinazioni molto lontane dagli obiettivi strategici originari. Ma il dato più grave è quello dei pagamenti effettivi a fine 2014: dopo otto anni, lo stato di avanzamento è fermo al 18% al Centro-nord e al 7% al Sud. È evidente che ci sono meccanismi che non funzionano, da riformare.

Sono due anni che si prova a riformare il meccanismo di pianificazione del Fsc e si fissano scadenze perché il Cipe faccia una programmazione organica delle risorse del Fondo sviluppo e coesione ma finora nulla si è visto.

Abbiamo apprezzato la volontà espressa di creare un percorso che consenta di mettere ordine. Ma non abbiamo ancora visto atti concreti. Anzi c’è una fase di preoccupante sospensione .

Si è detto, a livello informale, che il ministro Delrio terrà la competenza per il Fondo sviluppo coesione e il sottosegretario De Vincenti prenderà quella per i fondi strutturali Ue.

Abbiamo letto questi annunci ma non risulta nessuna decisione formale. Ovviamente non entriamo nelle modalità in cui il governo organizza la propria attività: anche sulla rinuncia a nominare un ministro per la Coesione avevamo evitato commenti. A noi interessano i risultati. Certamente avevamo detto, e lo confermiamo, che una priorità è la pianificazione dei vari fondi per la coesione, fondi Ue, fondi nazionali, Pac in una cornice unitaria. Il governo si era impegnato in questo senso affidando al sottosegretario Delrio tutte le deleghe. Ora vorremmo capire cosa accade.

Si parla di una cabina di regìa.

C’era stato, in effetti, un annuncio di Delrio, ma anche di questa abbiamo poi perso le tracce. Mi pare siamo ancora in mezzo al guado e il tempo passa senza che la programmazione 2014-2020 del Fsc decolli. Non si può ripetere l’esperienza della programmazione 2007-2013, quando la partita del Fas fu aperta solo nel 2012, nel penultimo anno di programmazione. Ci piacerebbe anche capire chi gestisce i residui consistenti delle programmazioni 2000-2006 e 2007-2013.

A quanto ammontano?

A noi risultano 5-6 miliardi di residui 2000-2006 e 18 miliardi solo di spesa di competenza regionale per il ciclo 2007-2013, di cui solo 4-4,5 miliardi assegnati con impegni giuridicamente vincolanti. Questo per il Fondo sviluppo coesione. Poi ci sono altri 8 miliardi del Pac, il piano azione coesione, che si è creato parallelamente alla gestione dei fondi Ue 2007-2013 con il taglio dei cofinanziamenti nazionali.

Cifre enormi che potrebbero essere destinate a obiettivi strategici per la ripresa, soprattutto al Sud.

Un’altra occasione che si rischia di perdere. Anche perché su tutto incombe come una mannaia il patto di stabilità. Abbiamo ottenuto importanti aperture a Bruxelles ma non è chiaro ancora come si ribalteranno sul patto di stabilità interno.

Su questo avete già avanzato una proposta.

Esatto. La nostra proposta è che le spese di investimento con i fondi della coesione siano tutte sottratte al patto di stabilità interno.

Il Fsc sta di fatto sostituendo le risorse ordinarie per le infrastrutture. Basta questo ruolo?

La destinazione a grandi progetti infrastrutturali, soprattutto al Sud, rallenta la spesa. La nostra posizione è che il Fsc andrebbe allargato anche agli obiettivi di competitività delle imprese, ai fondi a gestione diretta, al collegamento con il piano Juncker.

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