Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2015 alle ore 12:27.
L'ultima modifica è del 17 maggio 2015 alle ore 17:47.

My24

ROMA - Un testo pronto c’è, ma non è detto che verrà approvato domani. Il decreto con cui il Governo intende rispondere alla sentenza di incostituzionalità del blocco delle pensioni superiori a 1.486 euro lordi nel biennio 2012-2013 potrebbe essere esaminato ma poi rinviato a una data successiva. E non è da escludere che questa data cada anche prima delle elezioni amministrative, come si ipotizza a palazzo Chigi. «Al momento non c’è nessuna decisione» ha detto ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Mentre il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, ha auspicato un provvedimento in più tappe: «Lunedì le linee guida e, più avanti, il decreto. Meglio prendersi più tempo per costruire una gradualità dei rimborsi, che tenga conto non solo dell’assegno ma anche dei contributi versati». Questa sera potrrebbero riunirsi nuovamente i tecnici che lavorando al dossier tra ministero dell’Economia, ministero del Lavoro e palazzo Chigi, anche se fonti dell’Esecutivo smentiscono questa ipotesi. Ci sono contatti continui, spiegano le stesse fonti, ma non è all'ordine del giorno alcuna riunione.

Lo schema del provvedimento dovrebbe partire da una retrodatazione al 2012 del meccanismo di perequazione introdotto dal Governo Letta per il 2014-2016. Magari con qualche ritocco sulle soglie. Per i pensionati sopra le tre volte il minimo (che è di 1.486 euro lordi al mese) scatterebbe in ricalcolo con indicizzazioni parziali e decrescenti al salire dell’assegno fino a una soglia (probabilmente attorno a 3mila euro lordi, cioè sei volte il minimo) oltre la quale verrebbe riconosciuta una quota fissa minima. In pratica meno di un milione di pensionati non verrebbe così rimborsato se non simbolicamente.

Secondo questo meccanismo la rivalutazione non sarebbe su scaglioni ma sull’intera pensione: se per esempio si decide un’indicizzazione al 90% fino a 2mila euro questa sarebbe sull’intero assegno e non solo sulla parte eccedente i 1.486 euro, fermo restando il 100% per chi si ferma a questa soglia. Un modo per risparmiare il più possibile sui ricalcoli del dovuto per il passato garantendo quella progressività e adeguatezza chiesta dalla Corte. E potrebbe anche esserci la scelta di rimborsare solo uno dei due anni bloccati. Si vedrà. Come si vedrà se ci sarà o meno un rateo dei rimborsi. Di sicuro, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio nel caso dell’ipotesi estrema di rimborso integrale degli arretrati, c’è il rischio beffa fiscale per lo Stato: l’aliquota media applicata sui rimborsi scenderebbe dal 30%, che è l’aliquota marginale applicata anno per anno sulle indicizzazioni, al 19% di aliquota media sul rimborso nel caso del “pensionato tipo” con un assegno di 3,5 volte il minimo.

Ieri per una restituzione integrale degli arretrati perduti s’è espresso il deputato M5S Luigi Di Maio, secondo il quale «se non applichiamo il dettato della Corte rischiamo di trovarci con migliaia di ricorsi che creeranno ancora di più una voragine nei nostri conti pubblici». Una linea che coincide con quella di Fi, Lega e Fratelli d’Italia; questi ultimi hanno messo a disposizione dei pensionati che vorranno far ricorso «un pool di legali gratuito». Sulle pensioni «ereditiamo purtroppo gli errori fatti da altri in passato, non ci sottraiamo a dover restituire i soldi che sono un diritto per i cittadini ma cerchiamo di tenere però sotto controllo i conti pubblici, anche perché gli errori non possono essere pagati dai cittadini» ha invece ribadito la vicesegretaria del Pd, Debora Serracchiani.

I margini di finanza pubblica sono noti e strettissimi: il ministro Pier Carlo Padoan ha fatto capire che la traiettoria dell’indebitamento netto nominale (su cui impatta la sentenza) non cambierà e a fine anno verrà rispettato il 2,6% programmato. Si dovrebbero quindi mettere in campo non più di 2 miliardi, più altri 600 milioni a regime, una maggior spesa una tantum che verrebbe coperta con il “tesoretto” e altri interventi di mini-spending forse vincolati a una clausola di salvaguardia.

Tornando ai contenuti del decreto, se questo venisse invece approvato subito, l’Inps potrebbe essere in grado di far partire i rimborsi con gli assegni in pagamento in luglio o in agosto perchè prima, per la tecnostruttura, sarebbe impervio garantire i ricalcoli. In agosto tutte le prestazioni verrebbero poi versate il 1° del mese, come annunciato dal presidente Tito Boeri. Nel dl ci sarà infatti la norma che consente l’allineamento (a costo zero per le casse Inps) che riguarda circa 4,2 miliardi di prestazioni, sui 20 miliardi in pagamento mensilmente, che finora scattavano il 10 del mese. Altro contenuto possibile del decreto è la sterilizzazione del tasso di capitalizzazione negativo che s’è determinato nel 2014 per la rivalutazione dei montanti contributivi. Si trattava di un richiesta sollevata nei brevi mesi della gestione commissariale di Tiziano Treu. Il coefficiente indicato lo scorso 27 ottobre da ministero del Lavoro e Istat è risultato per la prima volta negativo (-0,1927 per cento) a causa della dinamica a sua volta negativa della media quinquennale del Pil della lunga crisi. Applicando quel coefficiente anziché valorizzare il “salvadanaio previdenziale” di ogni contribuente, per la prima volta dalla riforma Dini ne sarebbe risultata una limatura. Che invece il decreto annullerà.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi