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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2015 alle ore 06:37.

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ROMA

Per poter partecipare alle elezioni i partiti dovranno acquisire personalità giuridica tramite un riconoscimento formale da parte dell’ordinamento statale e iscriversi in un apposito registro pubblico sotto l’autorità della Commissione di garanzia degli statuti. E precondizione per acquisire la personalità giuridica e iscriversi al registro pubblico sarà l’adozione di uno statuto che rispetti alcuni puntuali standard di democrazia interna: forme e modalità di adesione; diritti e doveri degli aderenti e relativi organi di garanzia; disciplina delle procedure di ammissione e di espulsione; ambito dell’applicazione della regola maggioritaria e strumenti posti a tutela delle minoranze; modalità di partecipazione degli aderenti alla designazione dei candidati alle elezioni e alle cariche interne.

La proposta del Pd di una legge sui partiti in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione - illustrata ieri al Nazareno dal vicesegretario Lorenzo Guerini e dal presidente Matteo Orfini e presentata nello stesso testo alla Camera e al Senato (qui con le prime firme di Luigi Zanda e Anna Finocchiaro) - sembra fatta apposta per far saltare i nervi al Movimento 5 stelle, anti-partito notoriamente originale nelle regole interne tanto da scrivere un “non statuto”. E infatti i grillini già gridano alla «proposta fascista» ad uso e consumo del Pd. «I partiti devono essere liberi di decidere come organizzarsi, meno ingerenza dello Stato meglio è - dice il deputato Danilo Toninelli, autore di una proposta di legge elettorale all’epoca dei confronti in streaming con il Pd sull’Italicum -. In una situazione politica come quella attuale, nella quale i partiti occupano lo Stato e lo militarizzano, l’ingerenza dello Stato nei partiti è molto pericolosa, perché il partito si fa Stato, organo costituito e costituente».

A ben vedere la registrazione pubblica e la necessità di dotarsi di uno statuto con regole democratiche interne è già prevista dalla legge sull’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti del febbraio 2014 (governo Letta). Il punto “rivoluzionario” della proposta del Pd - come spiega Guerini - è il riconoscimento della personalità giuridica, che toglie i partiti dalla condizione di libere associazioni private e rende cogente il rispetto delle regole democratiche: «Alla personalità giuridica sono connaturati una serie di controlli di legittimità da parte dell’autorità amministrativa e anche giurisdizionale. Insomma il Pm, anche senza denuncia da parte di uno o più aderenti, avrebbe il potere di impugnazione nei confronti delle delibere assembleari (articolo 23 del codice civile)». Proprio per questo l’articolo 49 («Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale») è rimasto “congelato” dai tempi della Costituente: la proposta di Giuseppe Dossetti, convinto della necessità di un riconoscimento giuridico, fu allora respinta da Palmiro Togliatti un po’ per gli stessi motivi per cui oggi è respinta dai grillini: per paura dell’ingerenza dello Stato nella vita interna del Pci in un clima già di guerra fredda.

Un tempo il “fattore K”, oggi il “fattore Grillo”. Quante possibilità ci sono che la legge venga davvero approvata? «Noi abbiamo presentato la nostra proposta e la sottoponiamo all’attenzione degli altri partiti e al dibattito pubblico», dice Guerini. Da notare che intanto l’iniziativa ha il pregio di ricompattare il Pd: a presentare la legge al Nazareno, con Guerini e Orfini, c’erano anche gli esponenti della minoranza dialogante Nico Stumpo e Andrea De Maria.

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