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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2015 alle ore 08:12.

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Sul raddoppio dei termini il Governo pronto a ritoccare i limiti. Dopo le audizioni della scorsa settimana l’esame nel merito dei tre provvedimenti attuativi della delega fiscale presentati in Parlamento dal governo su certezza del diritto, fatturazione elettronica e internazionalizzazione delle imprese partirà ufficialmente mercoledì prossimo, la mattina in commissione Finanze alla Camera e nel primo pomeriggio a Palazzo Madama. L’obiettivo più volte dichiarato è quello chiudere per la fine del mese di giugno l’esame dei tre provvedimenti. La priorità è riservata al decreto sulla certezza del diritto che al suo interno contiene anche la norma sulla limitazione al raddoppio dei termini dell’accertamento. Norma quest’ultima ormai ritenuta indispensabile per sbloccare una volta per tutte l’operazione voluntary disclosure ma su cui le commissioni Finanze sono pronte ad intervenire.

Il governo, infatti, avrebbe già manifestato la sua disponibilità ad accogliere e a trasfondere nel testo del decreto alcune delle osservazioni formulate la scorsa settimana dal Comandante generale della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo. Il numero uno delle Fiamme Gialle, in particolare, ha posto l’attenzione sulla norma transitoria alla limitazione del raddoppio dei termini dell’accertamento chiedendo un suo riallineamento a quanto prevede il testo della legge delega. In sostanza si dovrebbero fare salvi gli «atti di controllo già notificati» al contribuente e non, come prevede ora il decreto all’esame delle Camere, fare salvi «gli effetti degli atti impositivi notificati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo». Come evidenziato da Capolupo, infatti, con la locuzione «atti di controllo», verrebbero salvati in questa fase transitoria non soltanto gli atti impositivi, ma anche i processi verbali di constatazione redatti dai reparti della Guardia di Finanza, cioè gli atti conclusivi delle verifiche e dei controlli.

La correzione, peraltro, sarebbe accolta con particolare favore anche dalle Entrate che non sarebbero più costrette a correre per chiudere e notificare in tempi gli stretti atti di accertamento per non perdere la possibilità di ricorrere ai “supplementari”, soprattutto in una fase come quella attuale dove i vertici sono stati drasticamente ridimensionati dalla Consulta e il lavoro, per “cause maggiori di finanza pubblica” dovrà concentrarsi inevitabilmente nei prossimi tre mesi sulle adesioni al rientro dei capitali. Con buona pace, comunque va detto, di quella certezza delle regole che il decreto punta a introdurre stabilmente per cittadini e imprese.

Certezza del diritto che, almeno secondo Assonime, sarebbe comunque assicurata dalla codificazione dell’abuso del diritto. Su questo tema, l’associazione con un documento depositato nelle commissioni Finanze, ha comunque rimarcato la necessità di ripristinare l’inciso che, sulla scorta delle indicazioni della Commissione Ue puntualizzava che l’abuso va accertato «indipendentemente dalle intenzioni del contribuente». Questa espressione, secondo Assonime, aveva una funzione precisa: quella di specificare che l’abuso ha una dimensione oggettiva, nel senso che si può e si deve prescindere dalla ricostruzione dell’atteggiamento psicologico del contribuente (e, cioè, dalla sua buona o malafede), anche perché, se così non fosse, «l’abuso tornerebbe ad essere una “species” del concetto di frode da sanzionare con analoghe modalità».

Particolare attenzione, sempre secondo Assonime, anche al ruling internazionale e l’interpello sui nuovi investimenti previsti dal decreto sulla crescita e l’internazionalizzazione delle imprese. In particolare l’Associazione invita deputi e senatori a precisare che il ruling internazionale «non è solo preventivo ma può avere ad oggetto anche situazioni di fatto già esistenti e che avranno effetti in futuro» e che prevedere la possibilità di «ricorrere al ruling per la definizione del valore normale rilevante in tutte le operazioni transnazionali».

Infine sull’esterovestizione e così come sulla determinazione del valore normale nell’ambito della disciplina del transfer pricing, secondo Assonime sarebbe auspicabile un intervento mirato con un apposito provvedimento, visto che lo schema di decreto all’esame delle Camere non sembra entrare nel merito.

Sempre nel decreto sull’internazionalizzazione delle imprese il Governo starebbe ipotizzando di aggiungere anche la nuova disciplina del “gruppo Iva”. Si tratterebbe di un nuovo soggetto passivo unico in grado di rappresentare nei confronti dell’amministrazione più soggetti Iva.

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