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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2015 alle ore 08:12.

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Roma

Le mine pensioni e “reverse charge” scoppiate all’improvviso nell’ultimo mese non cambiano i piani del Governo per la spending review 2016. Il commissario alla revisione della spesa, Yoram Gutgeld, sta lavorando in tandem con Roberto Perotti per definire entro la fine dell’estate quanto meno le linee guida delle proposte da sottoporre a Matteo Renzi e al ministro Pier Carlo Padoan per consentire a palazzo Chigi di compiere le scelte definitive in vista dalla stesura della prossima legge di stabilità. Una quantificazione precisa dei risparmi realizzabili con le ipotesi di intervento fin qui sul tavolo non è stata ancora fatta. Ma già appare più che probabile che almeno 3,5-4 miliardi possano arrivare da tre aree: taglio di trasferimenti e sussidi al trasporto pubblico, rafforzamento del meccanismo di centralizzazione degli acquisti della Pa e riordino degli incentivi alle imprese.

Altri 500 milioni dovrebbero poi arrivare dal già previsto programma di razionalizzazione degli immobili pubblici al quale sta lavorando l’Agenzia del demanio. L’obiettivo resta quello indicato dall’ultimo Def: 10 miliardi di riduzione complessiva di spesa tenendo conto anche dell’operazione tax expenditures.

Ma il cammino della spending non è tutto in discesa. E non solo perché almeno per il momento appaiono individuabili non più di 6-7 miliardi dei 10 da recuperare. A impensierire gli esperti della spending e lo stesso ministero dell’Economia è anzitutto una delle operazioni chiave nel mosaico della nuova revisione della spesa al quale sta lavorando Gutgeld insieme a Perotti: quella sull’estensione a tappeto del meccanismo dei fabbisogni e dei costi standard soprattutto sul terreno degli enti territoriali.

Un’operazione che dovrebbe far leva sui dati immagazzinati e classificati da OpenCivitas, il nuovo sistema già attivato dal ministero dell’Economia grazie al quale sarà possibile calibrare l’asticella di costi e fabbisogni standard. Ma la risposta dei Comuni alle sollecitazione che arrivano su questo versante non appare del tutto convinta. Basti pensare che il 25 maggio scorso ben 2.233 enti locali risultavano inadempienti per il mancato invio al Mef dei questionari relativi alla composizione della spesa sostenute nel 2013 e delle risposte integrative alle domande formulate sulla spesa 2011 e 2012. I dati sarebbero dovuti arrivare entro il 1° aprile. E se questo atteggiamento di una parte degli enti locali non cambierà sarà difficile ultimare in tempi rapidi l’operazione “fabbisogni standard” con la quale il Governo punta a ottenere risparmi consistenti anche sul delicato versante della sanità.

L’esecutivo, tra l’altro, deve fare anche i conti che le perplessità recentemente manifestate dall’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) proprio su questo fronte. Secondo l’Upb la riduzione di spesa realizzabile con questo intervento «può avere delle sovrapposizioni» con i possibili risparmi «derivabili da altre misure in tema di revisione della spesa (interventi nella gestione degli immobili, tagli alle consulenze, revisione delle società partecipate locali». E questo non è il solo rilievo che muove l’Upb nella sua analisi sulla nuova spending review per il 2016 e per gli anni successivi. La lente dell’Ufficio parlamentare di bilancio è finita anche sulle misure in cantiere per rafforzare il meccanismo di centralizzazione degli acquisti della Pa sulla base del modello Consip. L’Upb in particolare fa notare che, oltre alle misure già prefigurate come la riduzione delle stazioni appaltanti a non più di 35 unità, «nel breve periodo andranno presumibilmente individuati altri strumenti, quali la revisione delle forniture in essere non solo sul lato dei prezzi, come finora previsto, ma anche su quello della quantità». Non manca una valutazione anche per quel che riguarda la revisione degli incentivi alle imprese: «Al fine del conseguimento di maggiori risparmi andrebbe ampliato l’aggregato di spesa aggredibile, oltre all’ambito degli incentivi, con il coinvolgimento di altre componenti dei trasferimenti alle imprese».

Tornando alla questione degli acquisti Pa, in attesa dei nuovi “accorgimenti” nel Mercato elettronico pubblico (MePa) gestito da Consip si registra una crescita esponenziale che a fine 2014 ha fatto segnare 31.363 Pmi abilitate con un incremento del 70% rispetto al 2013, per un valore di beni e servizi forniti alla Pa di 1,3 miliardi. I dati emergono dalle informazioni analizzate dall’ad della società del Mef, Domenico Casalino, nel Quaderno Consip.

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