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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2015 alle ore 06:35.

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ROMA

Per l’apprendistato potrebbe aprirsi una nuova frontiera, ed essere utilizzato anche per assumere e riqualificare lavoratori disoccupati, senza limiti d’età. L’ipotesi piace ai tecnici di palazzo Chigi e ministero del Lavoro, e potrebbe essere confermata nel Dlgs di riordino dei contratti atteso sul tavolo del prossimo consiglio dei ministri (forse già agli inizi della prossima settimana) per il varo definitivo (il provvedimento ha già acquisito i pareri delle competenti commissioni parlamentari).

Oggi, non è più un mistero, l’apprendistato ha scarsissimo appeal: ad aprile, ultimo dato disponibile, le attivazioni sono state appena 18.443, e ormai l’istituto rappresenta il 2,4% del totale dei nuovi contratti (si veda approfondimento qui a fianco). L’intenzione dell’esecutivo, anche alla luce dell’entrata in vigore del contratto a tutele crescenti, è ora provare a rianimare questa tipologia contrattuale. La misura sul tavolo è quella di estendere l’applicazione dell’apprendistato professionalizzante (cioè il classico contratto di mestiere) anche ai soggetti titolari di un trattamento di disoccupazione (Naspi, DisColl, Asdi, disoccupazione agricola), a prescindere dall’età del lavoratore (attualmente l’apprendistato è limitato ai giovani fino a 29 anni - è senza limiti d’età solo per i lavoratori in mobilità, ma questa misura non sta funzionando).

L’apprendistato «potrebbe essere utile per quei lavoratori anziani da ricollocare che richiedono percorsi formativi particolarmente onerosi. Altrimenti c’è il contratto a tutele crescenti», evidenzia Filippo Taddei, responsabile economico del Pd. Il punto è che «in questi anni tra crisi e incentivi il contratto di apprendistato è divenuto meno appetibile - aggiunge Maurizio Del Conte, professore di diritto del Lavoro alla Bocconi di Milano, e consigliere giuridico del premier Renzi -. Oggi abbiamo un problema di disoccupazione di lunga durata, anche nelle fasce d’età più elevate. Sono persone che per rientrare nel mercato del lavoro hanno bisogno di riqualificazione e formazione professionale, quindi l’apprendistato può rappresentare lo strumento più adatto per queste finalità». Anche le imprese ne avrebbero un beneficio: oltre alla possibilità di sottoinquadramento (fino a due livelli), assumendo un 50enne disoccupato, pagherebbero contributi ridotti per tre anni (nella misura del 10%), che si azzerano (sempre per i primi tre anni) se l’azienda è sotto i 9 dipendenti.

La norma è all’esame del ministero dell’Economia, proprio per via degli sconti contributivi riconosciuti alle imprese e coperti dalla fiscalità generale (nel 2012, dato più recente diffuso dal ministero del Lavoro, per i contratti a causa mista, tra cui essenzialmente l’apprendistato, l’Erario ha speso quasi 1,7 miliardi per ripianare il differenziale contributivo). C’è un nodo costi, quindi, da risolvere, e va trovata una formulazione che regga alle obiezioni formulate dalla Ragioneria dello Stato.

Un’altra modifica allo studio del governo sull’apprendistato riguarda la sperimentazione “Carrozza” per gli studenti delle scuole superiori. Sempre nel Dlgs sul riordino dei contratti si amplierebbe questa sperimentazione. Oggi è limitata ai ragazzi dei tecnici e dei professionali a partire dal quarto anno (una grande azienda, Enel, ha avviato in formazione-lavoro circa 150 studenti-apprendisti). Con l’intervento che si punta a realizzare, l’apprendistato “scolastico” diventerebbe possibile «dal terzo anno» e per tutti gli indirizzi delle superiori (compresi quindi i licei). Verrebbero ovviamente fatte salve le esperienze in corso.

Tra gli esperti, sull’ipotesi di estendere l’apprendistato professionalizzante anche ai disoccupati senza limiti d’età, ci sono giudizi positivi. «Avrebbe il merito di sostenere in tutti i modi l’occupazione dei lavoratori ai margini del mercato - spiega Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro alla Sapienza di Roma -. La norma va letta come una robusta spinta alle politiche attive di sostegno economico alla ricollocazione. In questo senso, visto che si possono assumere in apprendistato tutti i fruitori di ammortizzatori sociali, sarebbe razionale prevedere che il datore che li assuma possa percepire la metà dell’indennità residua così come previsto per i percettori di mobilità all’articolo 8 della legge 223 del 1991».

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