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Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2015 alle ore 08:10.

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S.MARGHERITA LIGURE

«La class action? Non è una proposta del governo, ne abbiamo già parlato con il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi e il Ddl ha sicuramente bisogno di qualche modifica nel passaggio al Senato. Per noi non era una priorità, si tratta di una legge proposta dal Parlamento, noi abbiamo preferito lavorare su altri fronti: anticorruzione, giustizia civile». Nella parte conclusiva del convegno dei Giovani di Confindustria, prima dell’intervento di Squinzi, parla la ministra per le Riforme e per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. E la rassicurazione del governo sul Ddl che aveva inquietato le imprese arriva proprio davanti alla platea di Santa Margherita ligure. Prima dell’intervista di Enrico Mentana Boschi ha avuto modo di prendere un caffè con Squinzi e con il presidente dei Giovani industriali Marco Gay dando appunto assicurazioni sulla questione class action. «La prima lettura alla Camera del provvedimento sulla class action è preoccupante – è stato poi il commento del presidente di Confindustria - anche se sia il ministro Boschi, e non solo lei, ci ha rassicurato. Auspichiamo e siamo ragionevolmente sicuri che con il passaggio al Senato e i successivi in Parlamento la situazione venga quantomeno sistemata». Quanto alla sfida lanciata da Gay al governo nella sua relazione introduttiva venerdì («sfruttateci anche per le nostre idee e non solo per le tasse»), l’apertura di Boschi è più cauta: «Lo faremo volentieri, sono venuta qui proprio per ascoltare, ma è bene ricordare che le leggi le fa il Parlamento, le propone il governo, non si sta a contrattare le leggi con i corpi intermedi». È la filosofia renziana pura. Applicata in primis con il Jobs act che ha riformato il mercato del lavoro cambiando l’articolo 18 per i neoassunti, come ricorda la stessa Boschi: «Il confronto con i sindacati c’è stato, ma ad un certo punto si deve decidere. Sapevamo che toccando l’articolo 18 avremmo creato tensioni con il sindacato e con una parte del nostro stesso partito, ma sapevamo anche che era necessario per rimettere in linea il nostro Paese con il resto dell’Europa».

Il Jobs act, e naturalmente l’Italicum. «La legge elettorale la rivendico – dice Boschi – perché diamo finalmente al Paese governabilità e stabilità. Io l’ho detto in tempi non sospetti che l’Italicum ce lo avrebbero copiato, e infatti lo stanno studiando in Spagna e in Israele…». Ma l’azione del governo, rivendica Boschi, non si limita a lavoro e legge elettorale (sulla riforma costituzionale Boschi si sbilancia in una promessa: il prossimo anno parleremo di referendum confermativo). La ministra elenca la responsabilità civile dei magistrati, il divorzio breve, ora la scuola ma anche il conflitto d’interessi e la legge sulle lobby. «Dobbiamo semplificare l’Italia e rimetterla in moto», dice Boschi ribadendo l’orizzonte del 2018. «E se in un anno abbiamo guadagnato otto posizioni, dal ventesimo al dodicesimo posto, nella classifica della fiducia degli investitori stranieri il merito è di questo governo», rivendica.

Riforme, ma anche spending review. A parlarne a Santa Margherita ligure è proprio il responsabile della spending, Yoram Gutgeld, che conferma l’obiettivo di 10 miliardi di riduzione della spesa pubblica nella prossima Legge di stabilità. «Non stiamo agendo sul taglio in quanto taglio, ma stiamo modificando la qualità della spesa», dice ricordando l’obiettivo di ridurre a 35 soggetti le attuali 30mila stazioni appaltanti per gli acquisti della Pa. «Anche così si previene la corruzione: comprando nelle quantità giuste, al prezzo giusto e nei posti giusti». Quanto alle forze dell’ordine, «con il coordinamento delle forze principali ci sarà senz’altro un risparmio ma soprattutto ci saranno più persone da mettere in strada per la sicurezza dei cittadini». E qui il deputato Gutgeld non rinuncia a una nota polemica contro il Movimento 5 stelle, che ha proposto tagli di 3-4 miliardi l’anno alle forze armate per finanziare il reddito di cittadinanza: «Significa che nel giro di qualche anno dovremmo dare bastoni ai nostri soldati, che la spesa sarebbe azzerata e le forze armate dovrebbero essere chiuse. Tutto è legittimo, ma basta sapere di che cosa si sta parlando».

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