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Sui mutui a tasso fisso l’incognita Bund: ecco quanto cambia la rata

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Sui mutui a tasso fisso l’incognita Bund: ecco quanto cambia la rata

Il «qe» di Mario Draghi aveva abituato troppo bene i mutuatari: rate variabili ai minimi con l’Euribor sotto zero, ma anche condizioni mai viste per chi preferisce la tranquillità del fisso, con tassi di poco superiori al 2% sui nuovi prodotti. Il rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato nelle ultime settimane, in particolare quelli del Bund tedesco, minaccia però di ripercuotersi anche sul mercato dei prestiti casa.

Contrariamente a quanto si possa pensare, non sono tanto le famiglie con il variabile a soffrire i contraccolpi dei recenti movimenti, perché i tassi a breve termine sono ancora ai minimi e gli Euribor a uno e 3 mesi restano addirittura negativi. A «rischiare» quando la volatilità sul Bund sale alle stelle è invece chi è attirato dalla rata certa, per un nuovo finanziamento o per trasferire il vecchio variabile, e non sono in pochi visto che il fisso è tornato in voga. Nei primi 5 mesi dell’anno, secondo Mutuionline, lo hanno scelto il 58,1% dei sottoscrittori contro il 37,6% del variabile.

Sembrerebbe un controsenso, visto che con il fisso il valore della rata resta lo stesso fino al termine del piano d’ammortamento (o all’eventuale surroga). Le sorprese si possono però annidare nel metodo di calcolo del tasso e soprattutto nel lasso di tempo che trascorre (anche 2 o 3 mesi) fra il momento in cui si decide la tipologia del mutuo e ci si fa un’idea del costo e quello in cui effettivamente si stabilisce la rata.

È proprio qui che entrano in ballo i capricci del Bund, e qualche esempio può aiutare a capire perché. In genere il tasso fisso dei mutui viene determinato una volta per tutte sommando lo spread bancario, di questi tempi attorno al 2%, a un parametro chiamato Irs (interest rate swap) differente in base alla durata: Irs a 10 anni per finanziamenti a 10 anni, Irs a 20 anni per mutui a 20 anni e così via. Il valore di questi è correlato a quello dei titoli tedeschi. Di solito è quindi poco volatile, ma non in questo caso e la cosa non è secondaria quando si sceglie il mutuo.

Così come il Bund, l’Irs a 20 anni ha quindi toccato un minimo storico allo 0,70% a metà aprile. Da allora però ha iniziato a risalire, anche in modo sensibile negli ultimi giorni: ieri viaggiava attorno all’1,70%. A parità di spread, chi avesse avuto la buona sorte di bloccarlo due mesi fa pagherà quindi esattamente un punto percentuale in meno, non è proprio un’inezia. Per un mutuo ventennale di importo medio (130mila euro) e con uno spread dell’1,6% (fra i migliori in circolazione), la rata mensile sarebbe oggi di 741 euro anziché 676 euro, il costo in termini di interessi proiettato sui venti anni lieviterebbe quasi del 50% e il valore di rimborso complessivo (quote capitale comprese) crescerebbe di quasi il 10%. E se il piano di ammortamento è più lungo, come si vede in questa tabella, l’impatto è maggiore.

Occorre quindi fare attenzione al foglio informativo e ai termini con cui viene stabilita rata fissa, perché le differenze possono essere piuttosto significative, specialmente se l’avanzata del Bund e degli Irs non dovesse arrestarsi qui. L’alternativa per evitare amare sorprese è affidarsi a quei prodotti dove il tasso è stabilito indipendentemente dall’Irs a un determinato valore («tasso finito»). Alcuni di questi, ancora presenti sul mercato, hanno condizioni che nel frattempo sono diventate relativamente più convenienti, come si vede a fianco. Occorre quindi fare in fretta ad afferrarle, prima che le banche corrano ai ripari e rivedano le offerte.