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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2015 alle ore 08:11.

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Roma

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi vedrà mercoledì il premier inglese David Cameron e domenica 21 giugno il collega francese François Hollande, in occasione dell’Expo: sale nella priorità dell’agenda di incontri l’emergenza immigrazione. Parigi ha chiuso la frontiera di Ventimiglia, la Germania ha sospeso temporaneamente Schengen e i migranti giunti in Italia non possono oltrepassare i confini: è il caos. Renzi ha convocato anche le Regioni prima del vertice europeo di fine mese, intanto mercoledì è prevista una riunione tra il ministro Angelino Alfano e i governatori.

A Ventimiglia ieri è stata una giornata campale. Le camionette della polizia francese hanno sbarrato il passo ai profughi sbarcati dalle coste africane. Nel pomeriggio le forze dell’ordine italiane hanno sgomberato un centinaio di migranti che bivaccava lungo la linea di confine da giovedì sera. Non sono mancati i momenti di tensione, un centinaio di immigrati si sono riversati sugli scogli e in strada. È lo stesso drammatico scenario che si vide quando i tunisini giunti in Italia con la primavera araba volevano sconfinare in Francia.

La situazione di emergenza, soprattutto nelle stazioni ferroviarie, rischia di finire fuori controllo. Così ieri a mezzogiorno il numero uno del dipartimento Ps, Alessandro Pansa, ha riunito al Viminale i direttori centrali della polizia delle Frontiere, Giovanni Pinto, e delle specialità, Roberto Sgalla, nonché questori e prefetti di Milano, Roma, Imperia e Bolzano. In sintesi, al dipartimento Ps le direttrici d’azione sono tre: ogni sostegno possibile all’accoglienza; massima visibilità e rafforzamento delle presenze delle forze dell’ordine nei centri ferroviari; attività a tutto campo per reperire centri e locali adatti a ridurre concentrazioni e assembramenti di stranieri davanti ai binari.

Le forze dell’ordine sono peraltro limitate nel loro raggio d’azione. Il ricorso ai rimpatri, per esempio, è ridotto al lumicino: per carenza di risorse - sono operazioni molto onerose - per mancanza di accordi con i nuovi stati da cui arrivano migranti e per una legislazione meno severa. In teoria dovrebbe ritornare nel loro paese i clandestini senza un contratto di lavoro - i “migranti economici” - quelli che non rientrano nelle quote e chi ha visto respinta la domanda di protezione internazionale o asilo. Certo è che dei circa 15mila decreti di espulsione firmati l’anno scorso soltanto il 35%, secondo alcune stime, ha potuto avere esecuzione. Anche per questo l’Italia sta lavorando per rafforzare e assicurare nel nuovo piano Ue la previsione di un piano di coordinamento europeo per i rimpatri, misura di interesse comune per tutta l’Unione ma che potrebbe sgravare soprattutto l’Italia di molte presenze.

La posizione di Francia e Germania, con i conseguenti assembramenti alle frontiere, mette in difficoltà il governo italiano. Ma la discussione a Bruxelles è complessa. Gli stati sono spaccati sulla proposta della Commissione Ue per una ripartizione obbligatoria di 40mila richiedenti asilo da Grecia e Italia. Si prova ad accelerare sul sistema dei rimpatri dei migranti economici illegali. L’intenzione è velocizzare le procedure, per portare l’asticella delle riammissioni verso i Paesi di origine e di transito ben oltre quel 39,9% di media Ue registrato nel 2013. Nel testo della bozza, al punto sui ricollocamenti per 26mila siriani ed eritrei dall’Italia e 14mila dalla Grecia, in due anni, c’è uno spazio vuoto. Prima di riempirlo, spiegano fonti Ue, si attende l’esito della discussione al consiglio Affari interni di martedì, da cui potrebbero emergere proposte alternative a quella della Commissione. Molte cancellerie, compresa Berlino, stanno cercando di trovare formule più soft rispetto all’obbligatorietà proposta dall’esecutivo Juncker, che frena l’ok di molti Paesi, a partire da Spagna e Polonia, con i governi che non vogliono dare la sensazione all’elettorato nazionale di essere pronti a subire nuovi diktat di Bruxelles. Intanto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni chiede che la ridistribuzione dei richiedenti asilo intra-Ue vada in porto ma anche più risorse per le nazioni impegnate in prima linea perché «60 milioni non sono un impegno sufficiente». Francia e Germania offrono la loro solidarietà a patto che ci sia responsabilità, da parte di Italia e Grecia, su fotosegnalamenti e raccolta delle impronte. La strada è tutta in salita.

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