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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2015 alle ore 08:12.

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«Se le imprese sono riuscite a vendere è perché hanno fatto e fanno innovazione. Oggi, da sole non possono farcela più».

Nell’accorato appello di Marco Bonometti, presidente del Gruppo Omr e alla guida dell’Associazione industriale bresciana, c’è in fondo la sintesi plastica dei tre pilastri - innovazione, competitività, riforme - attorno ai quali si sono sviluppati i due panel di discussione moderati dal direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano, durante il convegno della Federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro aperto da Luigi Roth, presidente del gruppo lombardo dei Cavalieri del Lavoro, e Giuliano Pisapia, sindaco di Milano. «Oggi per fare un capannone un’azienda deve aspettare anche 4-5 anni. Questa è la burocrazia. Ma il tempo della politica - aggiunge Bonometti - non è il tempo dei mercati. Le imprese devono essere pronte. Altrimenti le commesse vanno altrove».

Purtroppo, non è però solo problema di tempi. «Dovrei poter pagare di più i ricercatori più bravi e di meno gli altri. Le norme dei “gattopardi”, al contrario, me lo impediscono», ha spiegato Stefano Paleari, rettore dell’Università di Bergamo e presidente Crui, portando all’attenzione dei presenti l’essenza del carbone e del diamante: «Entrambi sono fatti da fibre di carbonio. Ma nel carbone in maniera scomposta. Ecco: dobbiamo sforzarci di trasformare il carbone in diamante». Va giù duro anche Roberto Cingolani, direttore scientifico Iit (Istituto Italiano di Tecnologia): «In Italia è più facile essere rimossi per eccesso di successo che per palese incapacità». E «da nanotecnologo - ha aggiunto - dico anch’io una cosa sul diamante: può avere impurezze. E quelle vanno espulse. Chi sbaglia paga e deve uscire fuori dal gioco».

Certo, come messo in evidenza da Umberto Quadrino, presidente della Fondazione Edison, occorre anche guardare all’interno del mondo delle imprese dove «molte medie e piccole non riescono a generare innovazione», anche perché «università e mondo delle imprese si parlano troppo poco. Quel che manca è molto spesso anche un ponte in grado di condurre la ricerca da dove è generata alle imprese».

A questo punto è chiaro che l’innovazione, come chiave per la competitività, non può che passare da qui come dalle riforme. E si torna dunque al punto di partenza. «Le cose vanno fatte in un tempo ragionevole. E non cambiando terapia ogni volta che cambia il medico», ha detto Franco Moscetti, ceo di Amplifon per il quale «il problema dell’Italia oggi sono i consumi interni. Ma perché la pubblica amministrazione, per esempio, non rispetta i limiti di tempo per il pagamento delle fatture? Questo aiuterebbe, come tanto altro».

A complicare il quadro c’è comunque anche il fatto che «molte funzioni delegate, previste dalla Riforma del Titolo V, si sono risolte in nulla di fatto se non occupando per il 60% l’attività della Corte Costituzionale», ha spiegato Alberto Quadrio Curzio. Ora, dalla ricerca di «una contrattazione pubblica da fare premiando la produttività», ad altri correttivi «per esempio sui tempi di Scia e Dia, limitando temporalmente l’autotutela dello Stato», le cose da fare «ci sono», dice Franco Bassanini, presidente dimissionario della Cdp e neo consulente speciale del premier. Ma il paradosso principale è di sistema. «In Italia - ha spiegato Franco Bernabè - ci sono 150mila leggi. In Germania 5mila e in Uk 3mila. Perché questa inflazione? Sabino Cassese la attribuì alla burocrazia». E il cerchio si chiude.

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