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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2015 alle ore 08:12.

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Palermo

Ripete che l’intercettazione non c’è , che sono state fatte tutte le verifiche e la frase di Matteo Tutino, medico personale del governatore Rosario Crocetta, su Lucia Borsellino che deve «fare la fine di suo padre» non è agli atti. Ma questa volta il capo della Procura di Palermo Franco Lo Voi non si limita a smentire: aggiunge che sarà aperta un’inchiesta a modello 45, senza reati né indagati. La registrazione, spiega Lo Voi, sarebbe stata utilissima alle indagini e non sarebbe stata mai e poi mai secretata mentre non si pronuncia sull’eventuale audizione dei giornalisti autori del servizio, che non sono indagati per alcun reato.

Così lo scoop del settimanale L’Espresso sulle frasi shock del primario di chirurgia plastica dell’ospedale Villa Sofia, arrestato qualche settimana fa, entra in un fascicolo giudiziario. Ma intanto alle dichiarazioni del procuratore fanno da contraltare quelle del direttore del settimanale L’Espresso Luigi Vicinanza che in più occasioni ieri ha ribadito che «ci sono atti istruttori che ancora non sono arrivati ai magistrati. La telefonata esiste ed è stata verificata con accuratezza nei suoi contenuti, con più fonti incrociate. Non è la prima volta che la Procura di Palermo smentisce una nostra notizia poi rivelatasi autentica. Sia chiaro: quella telefonata esiste. Purtroppo. Nessun metodo Boffo o Crocetta».

Un’inchiesta auspicata anche dalla famiglia Borsellino. Ne parla Rita, la sorella di Paolo, che nel corso di un incontro dice: «Vogliamo subito una verità». La stessa Rita ha inviato a Crocetta un sms in cui gli ha comunicato che «non è gradita» la sua presenza alle manifestazioni in ricordo di Paolo e delle altre vittime della strage di Via d’Amelio del 19 luglio 1992. Mentre il fratello di Paolo, Salvatore, reputa le giustificazioni del governatore siciliano, che secondo L’Espresso sarebbe rimasto in silenzio nonostante la gravità delle affermazioni di Tutino, «puerili». Il resto della famiglia, come sempre, continua a mantenere un profilo basso: Lucia e Fiammetta sono a Pantelleria, Manfredi invece a lavoro nel suo ufficio di polizia di Cefalù dove è commissario. Manfredi non nasconde l’inquietudine per i contorni opachi del giallo dell’intercettazione e chiede che si vada fino in fondo.

Crocetta, in questo momento, è lontano da Palermo: a Castel di Tusa, in provincia di Messina, dove risiede da quando è presidente della Regione. Si è autosospeso e le funzioni di presidente sono nelle mani di Baldo Gucciardi, ex capogruppo del Pd all’Assemblea regionale siciliana, il politico che ha preso il posto di Lucia Borsellino all’assessorato alla Sanità. «Vogliono le mie dimissioni - dice -. Posso darle anche lunedì. L’unica cosa insopportabile per me è il fango con il quale mi stanno sporcando». Si sente colpito nella cosa che ritiene più cara: la sua identità di uomo che ha sempre lottato la mafia. Non sarà presente a manifestazioni e incontri, cominciati ieri e che si chiuderanno domani, anniversario della strage. Non sarà oggi a Palazzo di giustizia, dove sarà presente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i ministri dell’Interno e della Giustizia Angelino Alfano e Andrea Orlando. La credibilità del governatore, in questo momento, ha raggiunto il livello più basso nonostante la smentita della Procura.

Resta, intanto, da sciogliere il nodo politico. Mentre le opposizioni continuano a chiedere le dimissioni di Crocetta, il Pd, il suo partito, ha scelto la via della prudenza. Il segretario regionale Fausto Raciti critica il premier e segretario nazionale del Pd Matteo Renzi: «Avrei trovato opportuno - dice - di fronte a una mia richiesta di contatto, un colloquio con Renzi su quello che stava avvenendo in Sicilia». E a chi gli chiede notizie sulle possibili dimissioni di Crocetta risponde: «Se un governo fa le cose sta in piedi e se sarà così andremo avanti. Oggi non ci sono ragioni per interrompere la legislatura».

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