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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2015 alle ore 06:37.

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ROMA

Non ci sarà Sel, che dopo le dimissioni del suo vicesindaco Luigi Nieri, resterà fuori dall’esecutivo del Campidoglio con un «appoggio esterno politico». La nuova giunta che il sindaco di Roma Ignazio Marino dovrà guidare per affrontare la fase due per dare nuovo slancio alla sua amministrazione sarà targata tutta Pd. Un rimpasto che sarebbe dovuto arrivare dopo la relazione del ministro dell’Interno Angelino Alfano sul possibile scioglimento del Comune per l’inchiesta su Mafia Capitale e che invece ha subito un’accelerazione con le dimissioni di sabato dell’assessore al Bilancio Silvia Scozzese. Oggi Marino presenterà la sua nuova squadra, orfana in due anni di ben otto assessori. Intanto ieri Matteo Renzi ha fatto un’improvvisata alla Festa dell’Unità di Roma, senza andare sul palco, per evitare di recarsi questa sera dove si sarebbe trovato a commentare le vicende della giunta capitolina.

A questo punto a essere sostituiti saranno gli assessori dimissionari (oltre a Nieri e Scozzese anche quello ai trasporti, il renziano Guido Improta) ma potrebbe esserci anche qualche nuovo innesto. Il deputato del Pd Marco Causi, salvo colpi di scena dell’ultima ora, dovrebbe diventare il nuovo numero due di Palazzo Senatorio prendendo la delega al Bilancio - compito che ha già svolto sotto la giunta Veltroni. Anche se nelle ultime ore era circolato il nome di Marta Leonori, attuale assessore alle Attività produttive. Di trasporti dovrebbe occuparsi Anna Donati, con alle spalle l’esperienza da assessore alla Mobilità sia a Bologna che a Napoli. Mentre la delega alla Periferie potrebbe andare a Marco Rossi Doria, già sottosegretario all’Istruzione con i governi Monti e Letta. Per discutere degli ultimi dettagli della giunta ieri serata è salito in Campidoglio anche il commissario dei dem a Roma e presidente del Pd Matteo Orfini. Mentre resta il gelo tra Renzi e il sindaco della capitale impegnato in un rimpasto in cui il Pd nazionale non vuole entrare. «Vediamo se il sindaco riesce a rilanciare la squadra - spiegano fonti dem - con una giunta rinnovata scelta da lui con il conforto di Orfini che, in quanto commissario di Roma, segue la questione». Una linea attendista che non cambia la convinzione di Renzi che, in un modo o nell’altro, serva una svolta nella gestione della capitale.

L’uscita di Sel dalla partita , se da un lato semplifica il lavoro di Ignazio Marino, dall’altro rappresenta un pericolo per il percorso dei provvedimenti che dovranno essere deliberati nel prossimo futuro. Il primo di qui a quando l’assestamento di bilancio approvato dalla giunta dovrà ottenere il via libera dell’assemblea capitolina entro venerdì. Il partito di Nichi Vendola ha assicurato che voterà «delibera per delibera», lasciando trapelare la volontà di non fare più sconti da qui in avanti. Sulla riuscita dell’operazione sembrano comunque scommettere anche i renziani romani. «Non ci deve essere rottura con il passato - ha osservato il capogruppo capitolino del Pd Fabrizio Panecaldo - ma un cambio di passo forte, che ci chiede Renzi ma voluto anche dallo stesso sindaco, su temi importanti come decoro della città e trasporti. Quindi riteniamo che pochi innesti possano bastare per far ripartire una nuova fase». Anche se per Stefano Pedica, della direzione regionale del Pd, «non basta cambiare le persone, serve un programma ben preciso che risolva davvero i problemi».

Intanto ieri Marino ha illustrato in commissione la manovra di assestamento. Un’occasione per allontanare le ombre gettate dalla dimissionaria Silvia Scozzese nella sua lettera di addio, che tra l’altro aveva denunciato l’uso spropositato di affidamenti diretti. «Abbiamo ridotto del 97% le spese per somme urgenze - ha sottolineato il chirurgo dem - da 100 milioni di euro spesi nel 2013 siamo arrivati nel 2015 al di sotto di 3 milioni». Come dire il post Mafia Capitale, partirà proprio dalla legalità contabile.

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