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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2015 alle ore 06:37.

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È un Marino-ter a metà strada tra il rimpasto soft a cui puntava il sindaco (cambio solo dei tre assessori dimissionari) e la “rivoluzione” (via almeno 5 assessori) auspicata dal commissario del Pd romano e presidente del partito nazionale Matteo Orfini. Alla fine la nuova giunta presentata ieri vede quattro new entry.

Marco Causi, deputato Pd e ex assessore al Bilancio delle giunte Veltroni, prende il posto di Silvia Scozzese come responsabile dei conti del Campidoglio. Considerato dai renziani come una figura di garanzia, data la sua esperienza, Causi assume anche l’incarico di vicesindaco, sostituendo il dimissionario Luigi Nieri (Sel), di cui prende anche la delega al Personale. Al senatore Pd Stefano Esposito (vicino a Orfini, ma ben visto anche da Renzi), dopo l’addio polemico del renziano Guido Improta, va il fondamentale assessorato ai Trasporti, quello che dovrà affrontare la spinosa questione dell’Atac, l’azienda dei trasporti pubblici. Nessuno dei due lascerà la poltrona di parlamentare, ma entrambi rinunceranno ai compensi per l’incarico in Campidoglio.

Al Turismo - una delega finora affidata all’assessore alla Cultura Giovanna Marinelli - andrà Luigina Di Liegro, nipote del fondatore della Caritas diocesana don Luigi Di Liegro, consigliera comunale Pd, che era già stata assessore regionale alle Politiche della sicurezza con l’amministrazione Marrazzo. Un ingresso che riequilibria le quote rosa in giunta. L’ex sottosegretario all’Istruzione nei governi Monti e Letta Marco Rossi Doria è invece il neo assessore alla Scuola e alle Periferie. Lascia la giunta quindi Paolo Masini (Pd) i cui rapporti con il sindaco erano già tesi dai tempi del rimpasto di dicembre, quando Masini aveva perso la delega ai Lavori pubblici in cambio di Scuola e Sport.

Una giunta di stretta osservanza Pd (Sel, dopo l’uscita di Nieri, garantisce solo l’appoggio esterno) «ma di assessori scelti da me» ha sottolineato in conferenza stampa Ignazio Marino, che ha sfidato Renzi invitandolo a giudicare su «ciò che abbiamo fatto e ciò che faremo» dopo che ieri in una lettera al Messaggero il premier si era detto pronto «a dare una mano a Marino» invitandolo però a un segnale di cambiamento con «progetti credibili e concreti». E rilanciando la fase due della sua amministrazione, Marino ha illustrato il suo “manifesto del fare” elencando le priorità per il programma di mid-term con tanto di numeri e scadenze. «Non ho mai percepito un pressing per le mie dimissioni, mi sento solido e sento la solidità del governo» ha assicurato il sindaco che ha escluso di aver avuto «contatti diretti» nelle ultime 24 ore con Renzi. Il premier sembra non avere alcuna intenzione di rompere il gelo di questi giorni: anche ieri, cancellando ufficialmente la sua presenza alla Festa dell’Unità di Roma dopo il blitz di lunedì sera, si è tenuto distante dai travagli capitolini. In realtà il vero mediatore della partita è stato Orfini che si è speso per scongiurare il commissariamento del Campidoglio e le elezioni anticipate. Tanto che il nuovo governo romano schiera assessori a lui vicini.

«C’è stato un lavoro comune a Palazzo Chigi e in Campidoglio su progetti e idee, sono sicuro che nelle prossime ore avremo occasione di confrontarci» è la risposta indiretta del primo cittadino. Anche se sul Comune pende sempre la decisione del ministro dell’Interno Angelino Alfano sull’eventuale scioglimento per le vicende di Mafia Capitale. Decisione che potrebbe arrivare anche dopo l’estate.

Renzi vuole giudicare Marino alla prova dei fatti. Sono due i fronti in cui il governo dovrà sperare che le cose migliorino per evitare ricadute nazionali: l’immagine della capitale, ieri finita nel mirino del quotidiano francese Le Monde dopo il New York Times tra cumuli di immondizia e degrado, e la riuscita del Giubileo. Ma dall’entourage del sindaco sono convinti con questa giunta di arrivare fino a dicembre, quando con il Giubileo in corso saranno difficili rivoluzioni sul Campidoglio fino a fine 2016.

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