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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2015 alle ore 06:38.

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ROMA

Lo scioglimento della circoscrizione di Ostia e l’avvicendamento dei dirigenti comunali del Campidoglio considerati in rapporti con la criminalità organizzata. Ci sono già due punti fermi nella proposta allo studio al Viminale per il ministro Angelino Alfano. L’intenzione del titolare dell’Interno è di portarla all’ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva. Implicita un’altra certezza, in realtà mai messa in discussione: è esclusa ogni ipotesi di scioglimento per mafia del Campidoglio. Nel complesso, è lo schema inviato ad Alfano dal prefetto di Roma, Franco Gabrielli, con l’aggiunta di una serie di interventi - non è detto che passino - su affidamenti, commesse e contratti.

Ma non è sufficiente. Il ministro deve trovare una via d’uscita tra il no al commissariamento per mafia in base a una presunta e dichiarata «ragion di stato» e la necessità indiscutibile di evitare un precedente: considerare cioè Roma come una sorta di zona franca, dove per il solo fatto che si tratta della capitale non si può applicare la legge contro l’infiltrazione mafiosa negli enti locali. Sul tema Alfano è probabile che proverà a consultarsi già al prossimo Consiglio dei ministri con il premier Matteo Renzi. Di certo nessuno dei due vuole lasciare campo libero al sindaco Ignazio Marino soltanto perché ha rinnovato una giunta comunale falcidiata da dimissioni e prima ancora dall’inchiesta guidata da Giuseppe Pignatone. Considerate le scadenze in arrivo un ruolo strategico - è già emerso in vista del Giubileo - potrebbe svolgerlo proprio il prefetto Gabrielli. L’Esecutivo, insomma, deve assicurarsi che il Comune di Roma riprenda in pieno e a tutti gli effetti non solo l’efficienza amministrativa ma anche il ripristino assoluto della legalità. Ieri Marino ha incontrato il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, per siglare un protocollo anticorruzione. E in Campidoglio arriva un regolamento per «rafforzare ed assicurare la correttezza e la trasparenza delle procedure di affidamento delle diverse stazioni appaltanti».

Sempre ieri, poi, è emerso che dagli atti investigativi della Procura di Roma, che hanno consentito di ottenere l’arresto di Mauro Balini - l’imprenditore che si era aggiudicato i lavori di costruzione del Porto di turistico di Roma (a Ostia) che è stato sequestrato in un’operazione condotta dalla Guardia di finanza - risultano sospette «relazioni e agganci politici al Comune di Roma», attraverso cui Balini sarebbe riuscito a ottenere «concessioni e atti amministrativi funzionali all’esecuzione del programma criminoso». L’imprenditore è accusato di associazione per delinquere, bancarotta e riciclaggio. Ma l’incartamento giudiziario illustra anche un presunto coinvolgimento di «politici del Comune» sia con Gianni Alemanno sia con la giunta di Ignazio Marino. Un caso è l’ex capogruppo Pd in Comune Francesco D’Ausilio, già ampiamente citato nell’inchiesta Mafia Capitale. Il politico, stando all’ordinanza di arresto di ieri, si attiva in favore di Balini affinché sia revocato un atto di sospensione dei lavori di costruzione del porto, dovuto a una denuncia dell’associazione Labor. «A seguito dell’intervento di D’Ausilio – si legge nelle carte giudiziarie – viene richiesta dal sindaco una relazione sull’episodio» e la dirigente comunale Cinzia Esposito «invia dopo appena una settimana una lettera di rettifica» consentendo a Balini di riprendere i lavori. Negli atti c’è spazio anche per una vicenda, tutta da verificare, che riguarda un’operazione sospetta di riciclaggio imputata all’ex generale della Guardia di finanza, Emilio Spaziante.

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