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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2015 alle ore 06:36.

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Un’azienda con ricavi che tendono a decrescere a fronte di costi stabili. Un’azienda, la Rai, che rischia di scontare una perdita strutturale di bilancio in tutti gli anni “pari”, quelli in cui deve far fronte ai costi supplementari dei grandi eventi sportivi. Un’azienda duramente colpita da un’evasione del canone stimata al 27% delle famiglie, per un mancato introito annuo stimato intorno ai 500 milioni, e da una morosità in crescita nel 2014. La Rai ha incassato 165 milioni in meno dal canone, nello scorso esercizio, tra utenze private, utenze speciali e riscossioni coattive. Una perdita in gran parte dovuta alla riduzione di 150 milioni decisa dal Governo, ma non solo. Canone che, oltretutto, è fermo da due anni, con tanto di ricorso al Tar Lazio da parte della Rai per il mancato incremento nel 2014.

La situazione finanziaria è migliorata: l’indebitamento è calato a fine anno ed è stato lanciato il prestito obbligazionario per 350 milioni destinato a investitori istituzionali.

Un’azienda che, dal 2011 al 2014, ha perso quasi trecento milioni di introiti pubblicitari, soprattutto a causa della crisi degli investimenti ma, forse, sia pure secondariamente, anche per delle politiche commerciali che hanno messo in grande difficoltà le altre aziende del settore media. Nel 2014 la pubblicità è scesa a 674,9 milioni rispetto ai 682 milioni del 2013, nonostante la presenza dei Mondiali di calcio, che hanno prodotto un introito supplementare di 64,4 milioni di euro: il migliore di ogni tempo, pari al 9,5% dell’intera raccolta annua.

Il 2014 ha chiuso con utile intorno ai 58 milioni, grazie ai 228 milioni di plusvalenza portati da un’operazione straordinaria quale la quotazione in Borsa del 34,9% del capitale di RaiWay, la società che controlla le reti di trasmissioni e gli impianti. L’esercizio ha subito, invece, la decurtazione di 150 milioni sulle somme da riversare alla Rai da parte del Tesoro relative al canone di abbonamento. Un altro esercizio critico sarà quello relativo al 2016, il primo a intera responsabilità del nuovo cda, con le Olimpiadi già acquistate ma gli Europei di calcio ancora da acquisire senza che, per ora, si possa prevedere un’altra operazione straordinaria all’orizzonte.

La Rai mantiene la leadership nell’ascolto, certo, ma nel 2014 ha perso, nel giorno medio, l’1,1% di audience. I tre canali principali della tv pubblica scontano la flessione generalizzata della tv generalista, scesa al 60% di share sul giorno medio (-2,2% sul 2013) e al 64% in prima serata (-2,6% sul 2013). La Rai, comunque, resta il primo editore televisivo tra i canali specializzati con il 6,8% di quota di ascolto nell’intero giorno davanti agli specializzati di Mediaset (6,4%), ma in prima serata prevale il gruppo privato, forte anche dell’offerta Premium.

Quanto all’operazione RaiWay è stata sicuramente brillante e di successo nel breve periodo: ora, però, si tratta di capire se si arriverà o meno ad un’aggregazione tra operatori di reti trasmissive a livello nazionale (vero obiettivo, forse, dell’offerta lanciata da EI Towers su RaiWay) o se RaiWay resterà isolata sul mercato. In quest’ultimo caso sarà il contratto di servizio con la Rai, in gran parte, a dover remunerare gli investitori.

Una Rai, insomma, che, nel 2014, ha avuto ricavi in calo, anche per il prelievo di 150 milioni deciso dal Governo, ma i cui costi operativi crescono leggermente. Il personale in organico cresce, in particolare per gli accordi sindacali sulla stabilizzazione dei precari. Rai capogruppo, a fine 2014, conta 10.754 dipendenti a tempo indeterminato, quattrocento in più rispetto al 2013 mentre 1.175 sono in organico nelle società controllate, per un totale di 11.929 unità.

Il vertice uscente lascia diverse questioni aperte al nuovo cda che si insedierà giovedì o venerdì. A cominciare dal ricorso straordinario al Capo dello Stato con il quale la Rai ha chiesto l’annullamento dei provvedimenti che hanno determinato la riduzione di 150 milioni di euro dai proventi del canone di abbonamento. La Rai ha impugnato anche il decreto del Mise con il quale è stato fissato il pagamento del 40% dell’importo sui canoni per l’uso delle frequenze. Nell’esercizio 2015, senza grandi eventi sportivi, la Rai avrà comunque una riduzione del 5% sugli introiti da canone. Un’altra questione aperta riguarda il contratto di servizio 2013-2015, che non è ancora entrato in vigore: la Rai ne ha contestato i maggiori oneri, tra l’altro, con una lettera inviata dal suo presidente uscente alla commissione di Vigilanza.

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