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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2015 alle ore 06:35.

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ROMA

Alla fine si chiude su Monica Maggioni, giornalista e direttrice di Rai News 24. Dopo la sua designazione da parte dell’assemblea dei soci Rai, insieme a Marco Fortis quale consigliere rappresentante del Tesoro e dopo il sì unanime del nuovo cda, in serata arriva anche il via libera della commissione di Vigilanza con 29 voti favorevoli, cinque schede bianche, quelle del Movimento 5Stelle e quattro contrari su 39 votanti. Il quorum richiesto era di ventisette voti e questo ha portato la minoranza del Pd, favorevole alla Maggioni, a dichiararsi “decisiva” per la conferma del presidente designato.

Oggi, o al massimo domani, il cda dovrebbe trovare l’intesa con l’assemblea dei soci sul nome di Antonio Campo Dall’Orto quale nuovo direttore generale della Rai. Sarà così completato il nuovo vertice che resterà in carica per tre anni. Campo Dall’Orto avrà maggiori poteri, quelli dell’amministratore delegato, quando il disegno di legge approvato dal Senato diverrà legge dello Stato.

Il via libera sul nome di Maggioni arriva all’ora di pranzo, quando gli emissari di Silvio Berlusconi (la trattativa è stata condotta non a caso dalla “colomba” Paolo Romani, capogruppo degli azzurri in Senato) dicono sì alla proposta di Matteo Renzi. Sul tavolo della trattativa tra Pd e Fi, in mattinata, era rimasta una rosa di tre nomi, tutte donne: oltre a Maggioni, l’ex cantante e produttrice cinematografica Caterina Caselli e, soprattutto, l’ideatrice di “Sfide”, l’autrice e produttrice televisiva Simona Ercolani, che era la vera “carta coperta” di Renzi e dei suoi collaboratori più stretti. Ma su Ercolani è piovuto il veto di Berlusconi, che ha invece rilanciato su Pietro Ostellino e su Giovanni Minoli. Quanto a Caselli, sembra che anche per motivi di conflitto d’interesse familiare (il figlio Filippo è presidente della Siae) abbia infine declinato la proposta. Poi la svolta, con il sì al nome di Monica Maggioni, sulla quale gli emissari di Renzi e Berlusconi sembra abbiano sondato direttamente i nuovi membri del cda. Un accordo che sembra riaprire il canale del dialogo politico tra Renzi e Berlusconi dopo la drammatica rottura del patto del Nazareno all’indomani dell’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale.

Un accordo sulla Rai, raccontano gli azzurri più “dialoganti”, era il segnale che il Cavaliere aspettava per poter riaprire il dialogo interrotto sulle riforme in Senato, dove la minoranza del Pd minaccia di far pesare i suoi 25 “no” alla riforma, mettendo in pericolo il governo. Di questo si riparlerà a settembre, ma il fatto che la trattativa sulla Rai sia stata affidata proprio al capogruppo in Senato Romani è il segnale che Berlusconi si tiene aperta la porta di un rientro. E in ogni caso dalla battaglia sul rinnovo del cda Rai Forza Italia esce rafforzata, con due consiglieri invece di uno - dopo la frattura in casa Pd - e con quel presidente di garanzia per il quale ha lavorato discretamente la diplomazia berlusconiana, da Romani a Gianni Letta.

Sobrio il commento di Renzi, che nel pomeriggio ha convocato una conferenza stampa a Palazzo Chigi per presentare la riforma della Pubblica amministrazione appena licenziata dal parlamento. «È un bel consiglio d’amministrazione - ha detto - con professionisti della comunicazione, giornalisti ed esperti, mica astrofisici».

Ma contemporaneamente il premier sembra voler prendere le dovute distanze, quando ricorda che avendo dovuto rinnovare il cda Rai con la vecchia legge Gasparri era «inevitabile» che le nomine fossero frutto di «scelte dei gruppi parlamentari». Una legge, la Gasparri, che non è stata cambiata in tempo «perché quelli che oggi criticano hanno seppellito la nostra riforma della Rai sotto migliaia di emendamenti». Diverso il discorso sulle scelte governative, Maggioni appunto e il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto (che sarà nominato oggi), per le quali Renzi rivendica qualità e competenza.

Il premier torna in proposito a difendere la qualità delle nomine ai vertici della spa pubbliche fin qui effettuate e rimanda ai risultati di Borsa per verificarne la competenza. «Non sono - puntualizza - frutto di una appartenenza. Faccio fatica a immaginare che Claudio Costamagna, Fabio Gallia, Andrea Guerra o la presidente di Enit siano frutto di una vicinanza, il mitico giglio magico...».

Per il sottosegretario allo Sviluppo con delega alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, le scelte del Governo «hanno seguito criteri di competenza e di autorevolezza. La proposta di Monica Maggioni a presidente ha riscosso grandi apprezzamenti. Non ho alcun dubbio che sarà così anche per l’indicazione del direttore generale».

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