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Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2015 alle ore 08:53.
L'ultima modifica è del 20 agosto 2015 alle ore 09:15.

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ROMA

I numeri italiani degli sbarchi sono in linea con quelli 2014. Aggiornati a ieri, i migranti sbarcati sono 105.333, l’anno scorso erano 105.076. Nei 12 mesi passati abbiamo raggiunto i 170.100 immigrati accolti sulle nostre coste; quest’anno la cifra sarà più o meno la stessa. «Il sistema ha tenuto bene e possiamo reggere anche l’anno prossimo. Dopo, però, diventa difficile», spiega al Sole-24 Ore il sottosegretario all’Interno Domenico Manzione (Pd). Al dicastero guidato da Angelino Anfano fronteggiare quotidianamente sbarchi e ospitalità è ormai routine collaudata. Alla fine anche l’obiettivo – da raggiungere a tutti i costi, compresi quelli politici – di distribuire i nuovi arrivi regione per regione, provincia per provincia e perfino comune per comune, è stato raggiunto. La pressione migratoria ormai si vede in 15 porti attrezzati per gli sbarchi. Lampedusa, Augusta, Reggio Calabria e Pozzallo, ciascuno con oltre 10mila immigrati approdati quest’anno; Palermo, Catania, Taranto, Messina, Trapani hanno superato le 5mila persone; Crotone, Porto Empedocle, Cagliari, Salerno, Vibo Valentia e Corigliano Calabro con cifre più basse ma sempre oltre il migliaio. Davanti a questo scenario il 3 settembre è previsto un incontro tra Grecia, Italia e vertici Ue con due punti cruciali all’ordine del giorno: le quote di redistribuzione e gli “hot spot”, i punti di sbarco richiesti dall’Unione con misure severe di controllo, identificazione e registrazione dei migranti. L’Italia ha già scelto i suoi: Lampedusa, Pozzallo, Porto Empedocle, Augusta, Trapani e Taranto. Coinvolto al Viminale il dipartimento Libertà civili, guidato da Mario Morcone, e quello di Ps diretto da Alessandro Pansa. All’incontro internazionale, dunque, l’Italia mostrerà numeri tutto sommato gestibili e gestiti, compresi i 91mila rifugiati presenti nel sistema di accoglienza. Al confronto, niente a che vedere con la Grecia che - secondo la denuncia di Frontex - solo nell’ultimo mese ha visto 50mila sbarchi. L’allerta di Manzione, tuttavia, è concreta, pur essendo una prospettiva a un anno di distanza. Ma può essere un attimo, con le turbolenze internazionali e gli esodi inarrestabili. E non c’è solo il fronte nordafricano, perché il flusso di immigrati dall’Est asiatico è impetuoso a dir poco. Certo, quest’anno in Italia ci sono già 40mila domande di asilo e di sicuro a fine 2015 supereremo le 65mila dell’anno scorso, «ma c’è stato anche un forte recupero di istanze arretrate» osserva il prefetto Morcone. Questioni secondarie, tuttavia, davanti alla necessità di governare movimenti di popoli. Così Manzione rilancia tutta la necessità di uno sforzo concertato della comunità internazionale per intervenire nei Paesi d’origine: «Non c’è solo da definire un intervento negli Stati di transito, che pure può avere un suo ruolo. Noi, per esempio, con il Niger abbiamo già preso impegni ormai completi, ma è ovvio che l’accordo ha ben altro valore ed efficacia se riguarda più Stati. Resta comunque decisivo definire intese con le nazioni di partenza: compresi gli accordi di riammissione, sia pure volontari e assistiti». Poi, ci sono le questioni di sicurezza sempre in prima linea: ieri Alfano ha reso noto che «sale a 47 il numero degli espulsi dalla fine del mese di dicembre 2014 e sono 44 gli espulsi dall’inizio del 2015». Nelle prossime ore sarà espulsa una donna romena sospettata di attività nella propaganda jihadista. Ma sul piano nazionale toccherà presto fare i conti anche con la riforma della legislazione. Quella sulla cittadinanza, con lo jus soli sempre alle porte. «Ma anche la Bossi-Fini: una normativa ormai non più realistica» sottolinea Morcone.

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