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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2015 alle ore 08:12.
L'ultima modifica è del 30 agosto 2015 alle ore 15:30.

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È la “start-up nation”, la terra promessa dell’innovazione. Seconda solo alla Silicon Valley californiana. Eppure, se i numeri dell’interscambio fra Italia e Israele non sono giganteschi, un paese che ha estremo bisogno d’innovazione (l’Italia) non può ignorare il più innovato dei paesi (Israele). Ad esempio, nelle biotecnologie, nell’aerospazio e nelle tecnologie ambientali.

È un rapporto storicamente favorevole e radicato, quello tra Roma e Tel Aviv. Che ha poco più di 8 milioni di abitanti, un Pil atteso in crescita, quest’anno, del 3,4% (l’anno scorso era al 2,8) e una disoccupazione in calo (al 5,4%, nel 2010 era all’8,3%). E dove, assieme al “Made in Italy” agroalimentare (frutta, caffè, acque minerali) l’export italiano si concretizza con macchinari e attrezzature meccaniche, aeromobili e veicoli spaziali, prodotti chimici.

E armi. L’Italia è uno dei maggiori fornitori di armi e alta tecnologia militare a Israele. Anzi, da soli quasi eguagliamo le forniture di Francia, Germania e Regno Unito. I droni dell’esercito israeliano sono equipaggiati con radar prodotti dalla Selex Galileo, una società del gruppo Finmeccanica. Nel 2014 sono iniziate le forniture da parte della Alenia Aermacchi, sempre parte di Finmeccanica, di 30 aerei addestratori avanzati M-346 ordinati dal ministero della Difesa israeliano a luglio 2012. Il contratto ha un valore di circa 140 milioni di dollari.

Da loro, invece, acquistiamo altri prodotti chimici e materie plastiche, agrofarmaci per l’agricoltura ma anche pietre preziose lavorate e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio. In ogni caso, se importiamo complessivamente sempre meno (l’anno scorso l’Italia ha acquistato per circa 904 milioni di euro), le nostre vendite hanno ritrovato la spinta della crescita (+6% rispetto al 2013), raggiungendo l’anno scorso gli oltre 2,2 miliardi di euro, che si avvicinano al “record” del 2011 di 2,3 miliardi. Restiamo in sella come 6° fornitore mondiale di Tel Aviv. Mentre gradualmente scendiamo (in 5 anni dall’11° al 13° posto) nella graduatoria dei loro clienti.

Eppure, le opportunità sono enormi. Perché il Paese che più spende al mondo in ricerca scientifica in rapporto al Pil cerca sinergie nelle biotecnologie e nella farmaceutica legata all’agricoltura, alle tecnologie ambientali per il recupero delle acque e l’impiego di energie rinnovabili, informatica e medicina.

Dal 2003, c’è un accordo di cooperazione nel campo della ricerca scientifica, dello sviluppo industriale, scientifico e tecnologico che dà vita a un bando per progetti congiunti. Infine, servono infrastrutture (strade, metropolitane, ferrovie, aeroporti) per colmare gli squilibri tra aree del Paese. Ma anche per quei giacimenti di gas che contribuiscono, tra l’altro, a mantenere alta la tensione con Hamas.

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