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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2015 alle ore 06:37.

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«Solidarietà e responsabilità». Così il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sintetizza la posizione dell’Italia in Europa sull’immigrazione al prossimo vertice a Bruxelles. Ieri ha riunito a palazzo Chigi i ministri Angelino Alfano (Interno), Roberta Pinotti (Difesa), Paolo Gentiloni (Affari esteri). L’immigrazione «è un tema delicato, provo rispetto e commozione per i tragici fatti di cronaca italiani ma al punto in cui siamo è evidente che siamo davanti a un fenomeno europeo, non più italiano - dice Renzi a Parallelo Italia - sulla risposta alla migrazione ci giochiamo non solo la faccia ma l’idea di Ue».

La declinazione del messaggio «solidarietà e responsabilità» emerso ieri nella riunione a palazzo Chigi è ormai chiara e non lascia spazio a dubbi o ripensamenti. L’Italia si impegnerà senza timori o zone di incertezza nel processo di identificazione dei migranti sbarcati sulle coste, come chiede Bruxelles. Ma non è disposta a cedere sugli impegni assunti inizialmente sulla relocation, il processo di riassegnazione dei migranti negli altri stati oltre quello di sbarco.

È il cosidetto sistema delle quote, dove la cifra iniziale destinata all’Italia di 40mila persone è già scesa a 32mila500. Il meccanismo, peraltro, rischia di essere molto lento se gestito con le regole del trattato di Dublino.

Il cardine tattico della posizione italiana è dunque di pretendere che le due decisioni - relocation e sistemi di identificazione - siano contemporanee. Senza trascurare il fatto che Roma chiede a Bruxelles più fondi: visto che in ogni caso, per motivi geografici, oneri e costi di accoglienza fin dal soccorso sono a carico dell’Italia - e della Grecia - e i riforzi in mare nel canale di Sicilia delle unità delle altre nazioni europee non hanno alleggerito più di tanto l’impegno italiano.

Sulle risorse proprio di recente al ministero dell’Interno il sottosegretario Domenico Manzione ha fatto notare le esigenze finanziarie sull’accoglienza, considerato che oltre i centri governativi e lo Sprar (il sistema per rifugiato che fa capo ai Comuni) ci sono ormai decine di strutture straordinarie di ospitalità per i migranti sul territorio.

Se sullo sfondo resta la proposta di Renzi di regole europee uniche per l’asilo, in modo che l’aspirante rifugiato sia trattato secondo le norme in vigore qualunque sia lo stato di approdo, ci sono decisioni più rapide che potranno e dovranno essere prese vista l’ondata incessante di sbarchi sia dal fronte dell’Africa sia da quello balcanico. Un tema ora in discussione tra gli addetti ai lavori, per esempio, è quello della «lista dei Paesi sicuri» già in vigore in Francia, per esempio.

Si tratta di quelle nazioni che - secondo il Paese che ha stilato la lista - non hanno caratteristiche di dittatura o di assenza di democrazia e di violazioni dei diritti umani tali da giustificare l’accoglimento dell’istanza di asilo politico. Di conseguenza, se uno straniero appartiene a uno di questi cosiddetti «Stati sicuri» non può essere presa in considerazione la sua domanda di protezione internazionale e soprattutto è immediatamente identificato come «migrante economico», vale a dire clandestino, dunque rimpatriato.

L’Italia su questo fronte non ha intenzione di fare una sua lista dei «Paesi sicuri» ma accetterebbe una proposta avanzata dall’Unione europea. Di sicuro anche il tema dei rimpatri resta al centro dell’ordine del giorno nazionale ed europeo. Tra gli addetti ai lavori c’è chi sostiene che se il sistema di riportare negli stati di origine gli immigrati clandestini perdurasse nel suo stallo, il rischio è che in due-tre anni tutto il sistema nazionale degli immigrati potrebbe andare in tilt. Questione anche di natura economica: occorrono alcune decine di milioni da destinare a favore degli Stati di destinazione dei rimpatri. Dall’inizio dell’anno, comunque, l’Italia ha effettuato 54 voli charter di rimpatrio.

Italia e Grecia sono intanto chiamate da Bruxelle a presentare un dossier di attuazione delle misure prese sugli hot-spot, un programma di rafforzamento del sistema di asilo e un programma di attuazione del meccanismo della relocation. Una serie di fronti tuttavia complicati non solo sul piano della gestione, ma anche sull’armonizzazione delle normative nazionali con quelle europee.

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