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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2015 alle ore 06:36.

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ROMA

Ha appena letto i dati Istat sull’andamento, nel secondo trimestre, della crescita del Pil. E li commenta parlando dal palco della rassegna internazionale delle calzature, theMicam, che si è aperta ieri a Milano: «Spero sia l’avvio di una ripresa vera. La crescita dello 0,3% non basta, non è merito nostro ma è dovuta al dimezzamento del prezzo del petrolio, al rafforzamento del dollaro e al Qe». Per Giorgio Squinzi bisogna andare avanti, e «rapidamente» sulle riforme: «Non abbiamo fatto le pulizie interne, solo così possiamo far ripartire il paese in modo forte, come merita».

I dati Istat, che mostrano un lieve miglioramento rispetto alle stime precedenti, «sono sicuramente positivi, vanno nella giusta direzione. L’unica speranza è che ci sia una conferma nei mesi successivi, perché abbiamo visto in passato che un mese è stato positivo e un altro negativo».

E alla domanda se queste nuove indicazioni dell’Istat rappresentino una luce in fondo al tunnel, il presidente di Confindustria si è detto «più prudente. Anche quando i dati erano negativi non ho voluto drammatizzare, bisogna aspettare il consolidamento su più mesi».

L’istituto nazionale di statistica ha messo in evidenza un forte divario tra Nord e Sud: un problema di cui, ha sottolineato Squinzi, Confindustria è cosciente al punto tale che il prossimo Consiglio generale, a fine settembre, si terrà a Taranto per dibattere di Ilva e del rilancio del Mezzogiorno: «Serve un intervento rapido» e Squinzi nei giorni scorsi aveva espressamente dichiarato che «un’Italia senza il Sud è un paese più piccolo».

Le riforme sono cruciali per far ripartire il paese: ieri Squinzi ha insistito sulla semplificazione burocratica come priorità per mettere le imprese in grado di competere. «Occorre un paese più semplice, dove si possa fare impresa, senza quella manina espressione della cultura anti-impresa che sta frenando la crescita vera e la ripartenza».

Il nodo è il rilancio dei consumi interni. Sulla congiuntura internazionale Squinzi non vede grandi ostacoli: «Sulla Cina non sono particolarmente preoccupato perché abbiamo situazioni favorevoli come ad esempio il cambio euro-dollaro. Verso le aree del dollaro l’export italiano cresce a doppia cifra e credo che il mercato americano abbia una capacità di assorbimento superiore rispetto a quello cinese».

È l’Europa che cresce poco e deve ripartire, così come l’Italia. «Le imprese devono andare con più decisione sui mercati mondiali e bisogna rilanciare la domanda interna. Si può fare», è convinto Squinzi. Ma appunto serve un «paese normale», non occorrono incentivi o aiuti, ma «un un mercato aperto, dove le aziende possano investire sul proprio futuro, senza appesantimenti». Un freno «drammatico», lo ripete, è la complicazione burocratica e la mancanza di normative chiare. «Ripresa e occupazione possono venire solo dalle imprese: creiamo le condizioni perché possano crescere e svilupparsi», ha concluso Squinzi, rispondendo alla leader della Cgil, Susanna Camusso, che aveva sottolineato la crescita da zero virgola dell’Italia: «Forse la Camusso farebbe bene a fare quealche riflessione sul perché».

Ieri Squinzi, davanti agli industriali calzaturieri, ha rilanciato l’importanza di varare una normativa europea sul Made in. A frenare, ha spiegato il presidente di Confindustria, sono i paesi del Nord, principalmente la Germania. «Per noi che siamo un paese esportatore invece - ha aggiunto Squinzi - quella sul Made in sarebbe una normativa estremamente importante».

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