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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2015 alle ore 06:37.

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Applausi, fiori, incoraggiamenti. Ma anche contestazioni e fischi. È stato un rientro blindato e insieme simbolico del clima che si respira a Roma, quello del sindaco Ignazio Marino, tornato ieri dalle vacanze negli Stati Uniti e ai Caraibi: dopo una veloce giunta politica, ha partecipato al sit-in antimafia promosso dal Pd in piazza Don Bosco, diventata famosa per aver ospitato i funerali show di Vittorio Casamonica. E oggi lo aspetta l’incontro chiave con il prefetto Franco Gabrielli, il primo faccia a faccia dopo l’”investitura” del prefetto a coordinatore della macchina del Giubileo e di pianificatore degli interventi per risanare l’amministrazione capitolina.

Volutamente, Marino ha tenuto un profilo basso e ha invitato i suoi assessori alla prudenza (allusione al piemontese Stefano Esposito, titolare dei Trasporti, che da tifoso juventino a La Zanzara su Radio24 ha intonato un coro antiromanista scatenando un vespaio di battute e polemiche). Dal sindaco, coerentemente, sono arrivate pochissime mirate dichiarazioni, come quella rilasciata alla ressa di cronisti e cameramen che lo hanno preso d’assalto: «La presenza delle persone in questa piazza dimostra che Roma è una città antifascista, antinazista e antimafia: abbiamo cacciato i fascisti e i nazisti, ora cacceremo anche la mafia». E poi su twitter: «Non saranno loro a vincere».

Qualche sassolino dalla scarpa se lo era tolto negli States, dove ha incontrato il sindaco di New York Bill de Blasio, incassandone il sostegno. «Se a fine giornata non hai tanti nemici - aveva detto Marino - vuol dire che non hai fatto la cosa giusta». Di nemici il sindaco-chirurgo ne ha. Alla manifestazione antimafia, disertata dalle opposizioni, il cordone di 200 agenti organizzato dal questore Nicolò D’Angelo e i circa venti uomini della scorta non hanno impedito ad alcuni gruppi di antagonisti di urlare la loro rabbia, a colpi di «vergogna», «vattene», «lascia Roma». Ma la partecipazione di associazioni, cittadini e rappresentanti dei municipi è stata sentita. E il Pd, presente in piazza con il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, il presidente del partito Matteo Orfini e il presidente dell’Anci Piero Fassino, non lo ha lasciato solo. «Bisogna stare dove si manifestano i fenomeni mafiosi e bisogna starci insieme, uniti, perché da soli non si fa niente», ha affermato Orlando. «Questa non è una manifestazione pro o contro Marino», ha chiarito Orfini: «Il nemico è la mafia e il fronte è compatto».

I dossier che aspettano Marino al varco, sui quali si è fatto il punto ieri in giunta, sono tanti e bollenti, dall’Anno Santo ai rifiuti (con l’imminente rinnovo del contratto Ama), dai trasporti alla sicurezza.

Chiaro che l’urgenza è il Giubileo che si aprirà l’8 dicembre, per il quale si attendono 50mila pellegrini in media al dì nei giorni ordinari: l’assemblea capitolina ha calendarizzato per il 10 settembre la delibera che dà il via al restyling della città già approvato dalla giunta che impegna i 50 milioni di euro (in mutui Cdp) ottenuti da un allargamento del patto di stabilità. La lista dei cantieri si preannuncia lunga ed è aperto il confronto con l’Economia per reperire fondi aggiuntivi per almeno 30 milioni.

Il problema sono i tempi. «I progetti esecutivi e definitivi sono pronti - ha detto l’assessore alla Legalità Alfonso Sabella - ma avremo i soldi dopo il 10 settembre e vanno spesi entro il 31 dicembre. Non impegnati, ma spesi, liquidati». Sabella non nasconde la preoccupazione per essere «con l’acqua alla gola»: «È un super lavoro per me e per il presidente Cantone (Anac, ndr), perché si tratta di procedure che dovremo fare con tempi dimezzati».

Oggi alle 12 in Campidoglio occhi puntati sul vis à vis Gabrielli-Marino: sarà il primo banco di prova del tandem che dovrà tentare di traghettare Roma fuori dalle nebbie del “mondo di mezzo” in cui le bande di Mafia Capitale si sono mosse per anni.

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