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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2015 alle ore 06:37.

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La crescita può essere solo il risultato di una diffusa mobilitazione di tutta la nazione, di tutte le sue attività produttive di beni come di servizi, di tutti i suoi lavori dipendenti o indipendenti. Ma la nazione appare ancora bloccata dall’eccessivo prelievo fiscale nella sua propensione a consumare, investire ed assumere. In particolare essa si è sviluppata più di altre, a torto o a ragione, intorno al mattone come testimonia il suo straordinario tasso mediano di patrimonializzazione attraverso la proprietà immobiliare.

La propensione a radicare la famiglia, le richieste di garanzie reali del sistema creditizio, i ritardi del mercato mobiliare hanno concorso all’acquisto popolare di case, negozi, capannoni, terreni. Siamo una owners community! Piaccia o non piaccia. Possiamo ragionare a lungo se tutto ciò abbia limitato la nostra efficienza complessiva ma ora dobbiamo prendere atto che il repentino spostamento del pendolo da una tassazione di favore ad una di sfavore ha trasformato il bene-rifugio in un bene-prigione, la fonte di sicurezza in una ragione di insicurezza. E, soprattutto, la ricchezza della nazione si è in conseguenza rivelata congelata, illiquida, con tutte le conseguenze che conosciamo. Non si tratta quindi solo di detassare la prima casa, ma più in generale di ricondurre a responsabilità la propensione delle amministrazioni comunali a scaricare sulla proprietà immobiliare le loro incapacità ed inefficienze.

Applichiamo quindi i fabbisogni standard già disponibili per tutte le funzioni di ciascun comune nel senso di combinarli con una capacità fiscale idonea a finanziarli e di ricavarne l’algoritmo di equilibrio, superato il quale il comune viene immediatamente sottoposto a commissariamento - con tanto di fallimento politico e ineleggibilità degli amministratori - in funzione di un rigoroso piano di rientro. È ragionevole supporre che esso funzioni da deterrente per una gestione oculata, e magari associata, delle funzioni municipali prevenendo l’abuso della tassazione ed un dissesto dell’ente tale da richiedere ingenti risorse di risanamento come oggi accade.

La Local Tax deve rappresentare l’occasione per una compiuta attuazione del federalismo municipale e non lo strumento di un circolo vizioso senza limite nel nome di una autonomia irresponsabile. A ciò dovrebbe aggiungersi una diversa distribuzione del carico fiscale tra proprietari ed inquilini in modo che questi ultimi avvertano tutto il necessario sinallagma tra dimensione del prelievo e qualità del servizio pubblico locale. Un simile percorso determina insomma una tassazione ben più moderata senza bisogno di copertura perché l’amministrazione locale può garantire le funzioni che le competono razionalizzando i costi fissi di produzione anche attraverso la gestione associata con gli altri comuni corrispondenti ad un idoneo bacino di utenza.

Evitiamo poi di contrapporre scioccamente la detassazione degli immobili a quella del lavoro nondimeno necessaria. Quest’ultima si rivela utile ad incoraggiare la propensione ad assumere se è strutturale e ragionevole. Temo che l’azzeramento dei contributi sui contratti permanenti si rivelerà essere stato fonte più di comportamenti distorsivi che di nuova occupazione e comunque non è ragionevole caricare a lungo sul bilancio dello Stato la sostenibilità del sistema previdenziale. Gli operatori potrebbero invece apprezzare una riduzione strutturale di quella parte dei contributi che oggi è sproporzionata rispetto alle prestazioni. Penso all’assicurazione contro gli infortuni, agli ammortizzatori sociali, all’indennità di malattia in alcuni settori come il commercio.

Il costo indiretto del lavoro deve quindi essere ridotto ove ve ne sono le ragioni di equilibrio con i benefici e non sulla base di un inverosimile premio a carico della fiscalità generale. Non dimentichiamo poi la esigenza di riportare ad una dimensione sensibile la tassazione “secca” e agevolata del salario variabile definito dalla contrattazione di prossimità in modo da sospingere contemporaneamente i redditi e la produttività. Si tratta di ampliare la platea dei beneficiari in modo da ricomprendere tutto il lavoro operaio ed impiegatizio e di innalzare la misura del salario detassato al livello degli accordi migliori come quello definito nel gruppo FCA.

In conclusione, la legge di stabilità può essere lo strumento idoneo per contenere contemporaneamente il prelievo fiscale sulla proprietà e sul lavoro rispettando i parametri dell’Unione.

Presidente commissione Lavoro del Senato

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