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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2015 alle ore 06:36.

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ROMA

Contenere i costi per i rinnovi contrattuali degli statali cercando di non superare quota 1 miliardo. Almeno per il 2016. Con il trascorrere dei giorni quella di una mini-dote per i dipendenti pubblici sta diventando qualcosa di più di una semplice ipotesi tecnica di lavoro in vista del varo della prossima legge di stabilità e dell’apertura del confronto con i sindacati. A legislazione vigente, infatti, la maggiore spesa per il pubblico impiego per il prossimo anno, per effetto della recente pronuncia della Consulta, dovrebbe essere di circa 1,6 miliardi (pari a un punto di inflazione calcolata con l’indicatore Ipca). Ma vista la coperta non troppo lunga delle risorse disponibili, anche nel caso di un ok di Bruxelles all’utilizzo di maggiori margini di flessibilità nel quadro di finanza pubblica, si sta valutando con attenzione la possibilità di scendere per il primo anno sotto il miliardo magari individuando gli strumenti per spalmare maggiormente la dote sugli anni successivi.

E meno di un miliardo dovrebbe valere anche la partita sulla flessibilità in uscita per le pensioni. Sui questo versante il Governo non ha ancora effettuato una scelta definitiva. Ma due elementi sono già certi: se l’esecutivo deciderà di agire, facendo leva direttamente sulla manovra o su un apposito disegno di legge, le penalizzazioni dell’assegno nei confronti di chi anticiperà l’uscita saranno progressive ma tenendo conto della carriera contributiva; l’impatto sui conti pubblici dovrà essere contenuto. Ieri tra l’altro il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd) ha fatto sapere che la stessa Commissione sta individuando una soluzione definitiva del problema esodati insieme ai ministeri del Lavoro e delle Finanze, alla Ragioneria generale dello Stato e all’Inps.

Diversa la questione sul versante dello stop della Tasi sulla prima casa. I 3,4 miliardi di minor gettito (che diventano quasi 4,5 miliardi tenendo conto anche di Imu agricola e tassa “imbullonati”) dovranno comunque essere garantiti ai Comuni. Il Governo sembra intenzionato ad azionare la leva dei trasferimenti magari insieme all’attribuzione ai sindaci di una maggiore quota della fetta delle entrate derivanti dall’Imu sulle seconde case attualmente indirizzata allo Stato (il 50%). Resta però il problema, non solo tecnico, della copertura.

Intanto è in via di definizione il piano di “spending review 2.0”. Gli incontri tecnici si infittiscono sotto la regia del commissario Yoram Gutgeld. E in particolare si sta cercando di calibrare l’intervento sulla centralizzazione degli acquisti Pa con ricadute su sanità e ministeri e di quantificare con precisione i risparmi dall’attuazione della riforma Pa da indicare nella manovra. Che per il prossimo anno si dovrebbero aggirare tra gli 1 e gli 1,3 miliardi, partecipate comprese, per poi lievitare ulteriormente negli anni successivi. Gli interventi sulla riorganizzazione delle sedi territoriali del Governo, in primis le prefetture, gli enti inutili e le partecipate dovrebbero scattare con i decreti legislativi di attuazione della legge Madia parallelamente al varo della legge di stabilità, ma non è del tutto escluso che alcune misure di raccordo possano essere inserite direttamente nella manovra.

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