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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2015 alle ore 08:12.

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La Corte dei conti è tornata a bacchettare la gestione finanziaria del Comune di Firenze nel recente passato, quando a Palazzo Vecchio sedeva Matteo Renzi. Lo ha fatto con la delibera 225/2015, depositata il 30 luglio scorso e ripresa ieri dal Fatto Quotidiano, in cui critica l’utilizzo dei fondi a destinazione vincolata, che possono essere dirottati a finanziare spesa corrente a patto che entro la fine dell’esercizio i fondi originari siano ricostituiti. Proprio il secondo passaggio è quello fondamentale, perché i conti comunali sono divisi in due capitoli, quello “generale” (più ampio) e quello delle somme vincolate dalla legge a destinazioni specifiche, ed entrambi devono pareggiare: ma, sottolinea la Corte, la ricostituzione dei fondi entro la fine dell’esercizio è mancata sia nel 2011-2012 (e la Corte toscana lo aveva sottolineato nella delibera 136/2014) sia nel 2013 (al centro del nuovo documento della magistratura contabile). In gioco ci sono 6 milioni per il 2011, altrettanti per il 2012 e 33,9 milioni per il 2013, ma più dei singoli importi (il rendiconto 2013 di Firenze chiude poco sopra gli 1,1 miliardi) è il valore politico del bilancio fiorentino ad accendere la polemica.

Una quota di questi fondi (22,2 milioni) sono stati ricostituiti nei primi mesi del 2014, e la stessa Corte dei conti «prende atto» delle successive mosse del Comune per «la completa ricostituzione» dei fondi vincolati, ma naturalmente non è possibile cancellare ex post le irregolarità dei rendiconti già chiusi. Di qui il richiamo dei magistrati contabili «a indirizzare la gestione del bilancio verso una sempre più corretta e sana gestione finanziaria», e l’appuntamento all’esame del rendiconto 2014 (che sarà valutato nei prossimi mesi) per capire se le promesse del Comune di un definitivo superamento del problema si sono tradotte in realtà.

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