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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2015 alle ore 08:10.
ROMA
Potrebbe essere l’Ires agevolata la carta a sorpresa per il Sud da inserire nella prossima legge di stabilità. Sono in corso in questi giorni simulazioni dei tecnici del governo sull’impatto dell’intervento, che potrebbe valere per il 2016 almeno due punti percentuali di taglio (si veda Il Sole 24 Ore del 3 settembre). L’intenzione sarebbe quella di presentare per il Mezzogiorno un pacchetto composto da tre capitoli: infrastrutture (con gli interventi per alta velocità e autostrade in primo piano da demandare principalmente al Cipe), una decontribuzione rafforzata per nuove assunzioni e, appunto, un incentivo fiscale. A quest’ultima misura aveva fatto riferimento anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ad agosto al meeting di Rimini, con tutte le cautele del caso dovute al complesso negoziato da aprire con la Ue per evitare di incorrere in una bocciatura per aiuti di Stato.
Ma non è l’unico ostacolo tecnico che in queste settimane bisognerà provare a superare se si vuol portare la misura fino in fondo nella legge di stabilità. Il taglio dell’Ires al Sud (si ipotizza almeno al 25% come “step” intermedio in vista della riduzione nazionale promessa da Renzi per il 2017) potrebbe infatti incidere sulla disciplina fiscale in materia di dividendi e plusvalenze. Va infatti ricordato che la Finanziaria 2008, nel ridurre il prelievo Ires sull’utile (dal 33 al 27,5%) aveva previsto un incremento della quota imponibile delle plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate detenute dall’imprenditore come soggetto Irpef. Intervento che fu adottato con l’obiettivo di garantire all’Erario invarianza di gettito rispetto al quadro precedente. È chiaro che una nuova revisione delle aliquote Ires, a maggior ragione differenziata per un anno su scala territoriale, potrebbe comportare la necessità di un riassetto anche di questo corposo capitolo fiscale.
Quanto alle coperture da individuare, seppure questo sia un punto delicato del dossier, vale la pena sottolineare come il gettito Ires garantito da tutte le società di capitali meridionali (isole comprese) pesi, guardando le medie degli ultimi anni, solo intorno al 9-10% del gettito nazionale. Prendendo come riferimento le sole quattro regioni dell’ex Obiettivo convergenza - Campania, Calabria, Puglia e Sicilia - e i dati relativi all’anno di imposta 2012 (per il quale sono disponibili le statistiche disaggregate per importo regionale) la quota scende intorno al 6 per cento, per un totale di poco più di 2 miliardi su circa 35.
Certamente i numeri cambierebbero se si allargasse l’intervento scegliendo come chiave non il criterio territoriale ma la classe dimensionale delle imprese. Un’ipotesi questa - un anticipo su scala nazionale della riduzione Ires preannunciata da Renzi per il 2017 - che in questi giorni starebbe circolando come ipotesi tecnica tra i ministeri alla luce delle nuove e più robuste previsioni del Pil.
Le cifre in discussione ovviamente sarebbero ben diverse. Se, a titolo di esempio, si considerasse il criterio della classificazione europea di Pmi, restando sotto i 50 milioni di fatturato, il gettito Ires in gioco sarebbe all’incirca la metà di quello complessivo.
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