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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2015 alle ore 08:10.

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ROMA

Salvi gli sconti fiscali con ricaduta sulla famiglia. E anche i casi in cui è fruibile l’Iva al 4% sul fronte casa. Almeno per ora. Le linee guida del dossier sulla revisione delle tax expenditures sono pronte. Un dossier che sarà parte integrante del piano sulla spending review 2.0. E che nell’attuale configurazione dovrebbe garantire il recupero di almeno 1 miliardo nel 2016. Ma nelle prossime settimane l’asticella dei risparmi potrebbe trovare una nuova collocazione, magari a quota 1,3-1,5 miliardi facendo leva sulle ipotesi un po’ più “invasive” contenute nello stesso dossier. Molto dipenderà dalle scelte politiche che saranno effettuate entro la fine di settembre. Come quelle sulle agevolazioni con ricaduta sul welfare. Nel caso in cui si optasse di intervenire in questo campo lo si farebbe comunque sulla base delle fasce di reddito.

Al momento le aree su cui si dovrebbe concentrare il riordino sono quelle dei trasporti, dell’agricoltura. Certo è anche un disboscamento delle micro-agevolazioni che risultano doppioni di altri interventi analoghi. Tra le voci finite sotto la lente dei tecnici ci sarebbero anche le assicurazioni e le cooperative.

Le somme saranno tirate nei prossimi giorni, anche sulla base degli ulteriori sviluppi del lavoro che sta conducendo il commissario Yoram Gutgeld per completare il nuovo piano di spending review insieme a Roberto Perotti e sulla base delle indicazioni provenienti dai 15 “cantieri” attivati. Un piano che si raccorderà con gli interventi di revisione della spesa varati dal Governo Renzi a partire dal 2014 con il decreto sul bonus Irpef e che avrà un orizzonte pluriennale. Lo stesso Matteo Renzi ieri da Cernobbio ha voluto sottolineare che «la spending review non dà risultati l’anno successivo, è qualcosa che vedi nei 5 anni successivi, come la riforma delle Province. Dire che dà risultati immediati non è vero, è una barzelletta», ha proseguito il premier facendo notare che la vera spending si realizza agendo su alcune voci di spesa trasversali.

E proprio questo è quello che accadrà con il nuovo meccanismo centralizzato degli acquisti Pa, imperniato sul metodo Consip. Che agirà trasversalmente su vari settori (dalla sanità al comparto ministeri) e che garantirà la fetta di risparmi più consistente della spending da 10 miliardi nel 2016. Del nuovo piano farà parte anche un primo pacchetto di misure attuative della riforma della Pa. A partire da quelle sulla riduzione delle sedi territoriali dello Stato, Prefetture in primis, e delle forze di Polizia. Renzi ha confermato che i Corpi di polizia scenderanno a 4 e che il Corpo forestale dello Stato sarà assorbito dall’Arma dei Carabinieri con collaborazioni con altre forze come ad esempio i Vigili del fuoco.

La revisione della spesa resta un punto fermo della manovra. Che nell’eventualità di una crescita 2015 superiore allo 0,7% stimato dal Governo, considerata non improbabile dallo stesso ministro Pier Carlo Padoan, potrebbe essere calibrata utilizzando margini più ampi per effetto delle maggiori entrate fiscali e della positiva ricaduta di un Pil allo 0,8 o allo 0,9% su deficit e debito. Si potrebbero insomma aprire spazi aggiuntivi per almeno 2-3 miliardi che, sommati ai 10 miliardi di spending, ai 4-5 miliardi ricavabili dalle entrate dalla lotta all’evasione (rientro dei capitali) e dalla minor spesa per interessi sul debito, porterebbero a 17-18 miliardi le risorse “certe” da mettere in moto con la legge di stabilità. A queste si aggiungerebbero almeno 10 miliardi di flessibilità, di cui 6,4 miliardi già contabilizzati nel Def (clausola riforme), che farebbero così salire la manovra a quota 27-28 miliardi (in ogni caso più vicina ai 30 miliardi che non ai 25 miliardi).

Oltre 16 miliardi verrebbero, come è noto, destinati alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia fiscali (Iva in prima battuta). Almeno altri 5-6 miliardi verrebbero utilizzati per coprire le spese indifferibili, quelle legate alle pronunce della Consulta (indicizzazione pensioni e rinnovo contratti pubblici) e alla copertura compensativa per lo stop della Ue al reverse charge (oltre 700 milioni). I restanti 6-7 miliardi servirebbero per le nuove misure per la famiglia, per la proroga della decontribuzione (non meno di 1,8 miliardi) da integrare con il piano Sud e per lo stop a Tasi sulla prima casa, Imu agricola e tassa “imbullonati”. Il mancato gettito per i Comuni, afferma il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, «verrà coperto integralmente dal governo nazionale».

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