Italia

Data science e statistica le discipline «sexy»: danno lavoro a 9…

  • Abbonati
  • Accedi
stats under the stars a padova

Data science e statistica le discipline «sexy»: danno lavoro a 9 laureati su 10

I numeri non si inventano, si scovano. Dalle ricerche su Google alle fatture aziendali, dai social network alla matematica finanziaria. Padova ospiterà stasera «Stats under the stars», un contest di 13 ore (18-7 di mattina) su una delle professioni con più fabbisogno di risorse: la statistica, soprattutto se declinata al digitale come data science. Nella maratona in notturna, allestita al Caffè Pedrocchi, 100 statistici e 25 team si sfideranno sulla risoluzione di un problema aziendale con un set condiviso di dati. Nel pomeriggio si parlerà degli sbocchi professionali in un convegno dedicato al “dialogo” tra statistici e imprenditori: «Stat for Business - Statistica e Data Science per il Business». Tra gli interlocutori il presidente di Lotto Sport Italia Andrea Tomat e Steve Scoot, analista di Google con Phd ad Harvard e 17 anni di carriera alle spalle.

Il 90% dei laureati lavora in cinque anni
Non serve andare nella Silicon Valley per una stima su quanto offra una laurea nel settore. Gli ultimi dati di AlmaLaurea hanno eletto proprio la statistica, accorpata ad economia, come il quarto gruppo disciplinare più redditizio per gli studenti: tasso di occupazione del 90% a cinque anni dalla laurea e guadagno mensile netto di 1.487 euro. Un'asticella che si spinge al rialzo a seconda del ruolo svolto in azienda e, spesso, del paese di destinazione. Negli Stati Uniti il portale di lavoro CareerCast ha classificato gli “statistician” come la quarta miglior professione del 2015, con reddito medio di 79.191 dollari e stime di crescita del 25,91 per cento. Un ottimismo confermato dai suoi stessi numeri: le ricerche attive sul sito parlano di oltre 3.400 posizioni aperte per professionisti con più specializzazioni, dalla sanità agli organismi governativi. Bruno Scarpa, Professore associato di statistica al dipartimento di Scienze Statistiche dell'Università di Padova, ha vissuto la materia in più di una veste. Da una carriera in assicurazioni e grossi gruppi delle Tlc alla ricerca nell'ateneo padovano, uno dei rari ad aver deciso di inserire statistica sotto l'ala della classe di scienze (e non di scienze sociali). «La marcia in più della formazione statistica è anche questa, la “contaminazione” tra saperi: da un lato ti dà una forma mentis scientifica, dall'altra ti fornisce strumenti operativi per il problem solving e il data science» dice Scarpa.

Il futuro è nel data science
Proprio il data science, salutato dall'Harvard Business Review come la «professione più sexy del 21 secolo», attinge a piene mani dalla statistica per la sua funzione decisiva: estrarre dati, farne un'analisi, trasformarli in una leva che aumenti l'efficacia del business (e i profitti). La definizione è ampia quanto le prospettive che si possono creare in azienda, a giudicare dal boom di richieste che sta percorrendo il mercato internazionale. Una ricerca di LinkedIn sui mestieri che «a malapena esistevano cinque anni fa» ha registrato un exploit della categoria nelle ricerche del social network: dalle 142 del 2008 alle 4.326. Trenta volte tanto, la quinta crescita più poderosa tra le new entry della piattaforma.
Il ruolo, poi, varia a seconda delle propensioni di candidato ed azienda. Gli stessi professionisti possono limitarsi a mansioni di routine o spingere su frontiere in evoluzione come l'analisi degli sleeping data, i dati dormienti dissotterrati dagli archivi come strumento di analisi per calibrare il posizionamento sul web e sul mercato.

«Lì sta anche al candidato saper applicare un potenziale di crescita e ricavarsi un ruolo: il data mining, come dice il nome, è una “miniera” in cui scavare » dice Scarpa. Non che le occasioni manchino, nel mercato “offline”. I laureati in statistica sono assunti in gruppi assicurativi, banche, catene della Gdo, reparti marketing, istituti di ricerca. Senza scordare le porte aperte dell'Europa, mercato più attrattivo per la ricerca. «L'alternativa è l'estero: c'è una richiesta di lavoro fortissima, e i nostri laureati sono richiesti - fa notare Scarpa - .Spesso si presenta loro l'opportunità di lavorare come “statistici” nel senso stretto del termine, cosa che magari qui non è garantita. E devono fare una scelta».

© Riproduzione riservata