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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2015 alle ore 06:36.
Roma
«Rispetto le posizioni della minoranza Pd, ma io sono sempre stato contrario all’elezione diretta dei componenti di una Camera delle Autonomie che non ha un rapporto fiduciario con il governo. Se i futuri senatori devono rappresentare le Regioni, devono essere eletti dai Consigli regionali. D’altra parte di seconde Camere elette direttamente non ci sono molti esempi in Europa. La Spagna è un’eccezione, ma si tratta di una Camera che conta ben poco se gli spagnoli la chiamano Camera muerta...».
A dirsi favorevole all’elezione indiretta dei futuri senatori così come previsto dal Ddl Boschi non è un renziano della prima né della seconda ora, ma è l’ex presidente della Camera Luciano Violante. Una vita nel Pci, poi nel Pds-Ds e infine nel Pd, Violante è l’autore della famosa bozza (la bozza Violante, appunto) che nel 2007, Romano Prodi premier, fu votata in prima commissione alla Camera da tutto l’Ulivo. Una proposta di modifica costituzionale che prevedeva appunto il superamento del bicameralismo perfetto tramite l’istituzione di una Camera delle Autonomie eletta in secondo grado dai Consigli regionali. Anzi, a voler essere maliziosi la bozza Violante era anche più hard della riforma Boschi ora contestata dalla sinistra democratica perché prevedeva la sfiducia costruttiva e il rafforzamento del poteri del premier con la compartecipazione al potere di scioglimento delle Camere e con la nomina e revoca dei ministri. «La sfiducia costruttiva era pensata all’interno di una quadro politico che prevedeva le coalizioni e ora, con il premio alla lista previsto dall’Italicum, non è più necessaria - conferma Violante -. Continuo a pensare che il presidente del Consiglio deve avere i poteri per esercitare le sue funzioni».
Insomma, presidente Violante, la minoranza del Pd ha appeso il cappello al chiodo sbagliato?
Io la metterei così: entrambe le parti, la maggioranza del Pd da una parte e la minoranza del Pd dall’altra, devono superare una logica tutta politica mettendo la Costituzione al riparo dalle pur legittime contrapposizioni. Arrivati a questo punto, pur con tutti i difetti che contiene il Ddl Boschi, la riforma deve essere portata avanti. Il processo non si può fermare.
I difetti sono nei poteri del nuovo Senato? Andrebbero ampliati?
La vicenda dell’elettività dei senatori è stata come un faro abbagliante che ha fatto perdere di vista altri problemi. Non si tratta di ampliare le competenze legislative del nuovo Senato, non dobbiamo ripiombare nel bicameralismo paritario, ma di rafforzarne i poteri di controllo. Le commissioni d’inchiesta, ad esempio, dovrebbero essere estese a tutte le materie, non solo a quelle relative ai rapporti tra Stato e Regioni. Se il Senato non ha davvero poteri di controllo, finisce che si caricano di ruoli impropri il Quirinale e la Corte costituzionale. E per di più il sistema di elezione del presidente della Repubblica previsto dalla riforma rischia di restringerne la base elettiva: nel testo si parla infatti di percentuale di votanti e non di aventi diritto al voto, con il rischio che a votare siano alla fine pochi parlamentari. La mia tesi personale è che dopo la terza votazione si dovrebbe andare al ballottaggio. Un altro aspetto che mi preoccupa è l’aumento dei procedimenti legislativi. Oggi abbiamo tre ordini di procedimenti legislativi: legislazione ordinaria, costituzionale, decreti legge e leggi delegate. Con la riforma diventano 10: c’è la legislazione bicamerale, quella monocamerale, quella monocamerale con ruolo rafforzato del Senato, quella delle leggi di iniziativa popolare... Senza contare il fatto che, con una Camera in cui il partito vincente ha la maggioranza assoluta, forse andava messa mano alla questione delle leggi delega, spesso vaste e indeterminate. Insomma, i problemi sarebbero ben altri che il modo di eleggere i senatori.
Eppure il dibattito sembra essersi incagliato proprio sull’articolo 2. La soluzione proposta in Senato dalla maggioranza del Pd, quella dei “listini” di candidati senatori all’interno delle liste per l’elezione dei consigli regionali, può essere una soluzione?
È una soluzione accettabile. Meglio ancora sarebbe la designazione autonoma da parte dei cittadini: sulla scheda per l’elezione dei consiglieri regionali ci sarebbe da riempire la casella “candidato al Senato”. Resterebbe l’elezione di secondo grado, perché sarebbero comunque i Consigli regionali a eleggere i rappresentanti per il Senato che però sarebbero designati dagli elettori.
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