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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2015 alle ore 06:35.

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Colomba o falco, questo è il problema. Da tempo gli investitori si interrogano su questo amletico dubbio: cosa farà la Federal Reserve il 17 settembre? Manterrà lo status quo sui tassi (con il costo del denaro compreso nel range 0-0,25%) oppure deciderà di alzarli (sarebbe la prima volta in 10 anni)? Intanto un «no» a un rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed in settembre arriva dalla Banca mondiale: per il capo economista, Kaushik Basu, intervistato dal Financial Times, il rischio sarebbe quello di scatenare «panico e turbolenze» nelle economie emergenti, vedi la Cina.

I vari esponenti della Fed, intanto, continuano a lasciare dichiarazioni contradditorie. E questo sta contribuendo ad alimentare il clima di incertezza. In ogni caso, quando mancano ormai pochi giorni alla data in cui verrà presa una decisione ufficiale, ci si può affidare alle stime di mercato. Secondo i titoli derivati scambiati sul mercato Cme, in questo momento le probabilità che la Fed porti i tassi a settembre allo 0,5% sono pari al 23,6%. Le possibilità aumentano al 35,7% nel meeting di ottobre. Testa a testa a dicembre: lo status quo è dato al 40,6% contro il 42,9% sbilanciato su un rialzo di 25 punti base. Quindi, fra pochi giorni è probabile che la banca centrale statunitense prenda altro tempo ma nulla è da escludere.

«L’ipotesi, attualmente poco scontata, di un aumento di 12,5 punti base avrebbe in realtà proprio quell'effetto sorpresa per il mercato e al tempo stesso sarebbe il chiaro segnale di una politica di rialzo dei tassi a piccoli passi, in linea con le dichiarazioni degli ultimi mesi», spiega Elena Fiorentino, responsabile desk derivati di tasso di Banca Akros.

Contro il pronostico prevalente dei derivati Keith Wade, chief economist & strategist, di Schroders: «Ci sono ancora buone possibilità di un rialzo dei tassi della Fed il 17 settembre. Gli eventi in Cina hanno dominato i titoli dei giornali e portato volatilità sui mercati, ma l'impatto sugli Stati Uniti, a nostro avviso, non è sufficiente a cancellare la necessità di una stretta della politica monetaria a stelle e strisce. Secondo noi, l’economia americana si sta avvicinando al punto in cui sia i salari sia l’inflazione inizieranno a risalire. I tassi di interesse sono ancora ai livelli “emergenziali” decisi durante la crisi finanziaria». Mentre, tra gli esperti, c’è anche chi abbassa ulteriormente rispetto a quanto pronosticato dai derivati, le probabilità di un rialzo “già” a settembre. «Considerando l’accresciuta attenzione della Fed alle dinamiche economiche internazionali e non solo domestiche, e anche considerando l’atteggiamento tipicamente “dovish” del suo presidente Yellen - indica Jacopo Ceccatelli, ad di Marzotto sim - ritengo la probabilità di un rialzo a settembre inferiore al 10 per cento.

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