«Abbiamo preparato un software ad hoc. Una strategia, per un cliente istituzionale, basata sull’andamento dei prezzi dopo la pubblicazione del dato sui tassi d’interesse della Fed».
Enrico Malverti, tra i più importanti analisti quantitativi in Italia, abbozza le linee guida del suo trading automatico. E, indirettamente, conferma che i robot sono «pronti». Tutti scaldano i «bit» per giocarsi le loro carte. Non solo quelli, come nel suo caso, che non sfruttano migliaia di operazioni al secondo. Ma gli stessi High frequency trader (Hft). «Di certo - aggiunge Giuseppe Belfiori, di FT Support – i flash trader saranno della partita». Per mettere, e togliere, in pochi secondi migliaia di proposte di negoziazione. Cioè, cavalcare la volatilità nell’immediato.
Sia ben chiaro: la scelta del Comitato di politica monetaria, guidato da Yanet Yellen, potrebbe anche non provocare scossoni sui listini. E, tuttavia, gli operatori ultra-veloci timbreranno il cartellino.
D’altro canto, nonostante le molte strette regolamentari, gli Hft gestiscono circa il 50% degli scambi negli Stati Uniti e il 40% nel Vecchio continente. Non solo. Dopo essersi focalizzati sull’azionario hanno allargato la loro presenza ad altri mercati. Uno tra tutti: il valutario. Su questo fronte, secondo Aite, i flash boys hanno raggiunto una quota di scambi intorno al 40%.
Al di là di numeri e percentuali, quali però le concrete mosse dei robot. «Il nostro sistema, costruito per i future sul MiniNasdaq e Mini S&P500, ha un approccio statistico» dice Malverti. «Sono state analizzate le reazioni alle passate decisioni di politica monetaria della Fed». Su che arco di tempo? «Circa 15 anni, cioè un periodo più che esaustivo». Dopo di che «è stato definito un certo numero di scenari possibili» considerando, ovviamente, le due opzioni: che la Fed ritocchi i tassi, oppure li mantenga inalterati. Ebbene: in questi scenari, all’interno di un periodo di tempo mai superiore al minuto, sono stati individuati alcuni andamenti degli asset finanziari con una valenza statistica elevata.
Vale a dire: l’algoritmo, attraverso complessi calcoli, ha definito delle «figure», disegnate dal rialzo e al ribasso del future, che se si concretizzano permettono di «prevedere» la possibile evoluzione del derivato stesso. Un esempio? È presto detto. «Può pensarsi - dice Malverti - alla situazione in cui la Fed lascia invariati i tassi. Nel caso in cui prezzi, in un minuto, crollano velocemente, per poi risalire, il robot darà l’ordine di vendere allo scoperto».
Il che, però, al signor Rossi pare un controsenso: nel momento in cui il future sale è poco razionale posizionarsi al ribasso. «Non è così - ribatte l’esperto -.Il sistema, da un lato, analizza la microstruttura del mercato in quel momento. Ma, dall’altro, “ricorda” la più ampia impostazione dei listini». La quale, attualmente negli Usa, è ribassista. Di qui l’imput di vendere allo scoperto. Certo, a fronte del fatto che il software fotografa costantemente l’andamento della Borsa, la situazione può cambiare. Il segnale dato può diventare “vecchio”. «In quel caso - conclude Malverti - il trading automatico cambierà strategia».
Fin qui, in parole molto semplici, il modello statistico basato sull’analisi dei prezzi del future. Quale, invece, i meccanismi alla base degli algoritmi ultra veloci che sfruttano il dato in sé? Questo, a ben vedere, è il regno dei grandi operatori. Di quelle istituzioni che, potendo investire molto, hanno sviluppato software in grado di interpretare la notizia e le sue possibili implicazioni. «In questo caso - dice Belfiori - entrano in gioco altre strategie. Ad esempio: l’investitore si concentra nell’individuare le attese di mercato e imposta il robot».
L’input muterà a seconda che le stime siano disattese oppure no. Detto così pare semplice. «In realtà -fa da eco Fabrizio Lillo, professore di matematica finanziaria alla Normale di Pisa - l’analisi del comportamento degli investitori è complessa e richiede grandi investimenti». Non si guardano più, ad esempio, solamente le tradizionali piattaforme come Bloomberg. Vengono scandagliati i big data. Sono passati ai raggiX social network, blog, newsletter e via dicendo. «Un lavoro dove bisogna, ad esempio attraverso il numero di click sulla pagina, capire il “peso” del commento pubblicato». Oppure, assegnare maggiore rilevanza all’investitore esperto piuttosto che al semplice risparmiatore.
In tal modo, il flash trader potrà immediatamente operare non appena avrà letto il dato sui tassi della Fed. Margini di errore? Ovvi. E però, in questo caso, magari si amplieranno le differenze tra le proposte di negoziazione di vendita e acquisto. Un’occasione d’investimento per altri Hft. Oppure, un’altra occasione per creare un flash crash.
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