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Dossier Clima, Obama: «Il vertice può essere il punto di svolta»

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Dossier | N. (none) articoliIl mondo contro il climate change

Clima, Obama: «Il vertice può essere il punto di svolta»

Francois Hollande e Barack Obama (Afp)
Francois Hollande e Barack Obama (Afp)

Il vertice sul clima a Parigi può essere «il punto di svolta» degli sforzi mondiali per limitare un futuro aumento della temperatura del pianeta. Così il presidente Barack Obama a Parigi dove stamattina si è aperto l’atteso summit mondiale sul clima. «La prossima generazione ci sta guardando» ha detto Obama alle delegazioni «il cambiamento climatico può definire il contorno di questo secolo più di qualsiasi altra sfida». «Io sono venuto qui per dire che gli Stati Uniti non solo riconoscono il problema ma si sono impegnati a fare qualcosa».

«All'ordine del giorno vi è il destino dell'umanità» dice in un intervista al quotidiano «20 minutes» Francois Hollande che così aveva sintetizzato il senso della Conferenza che si è aperta in una Parigi blindata per l’allerta terrorismo e gli scontri di ieri - 317 arresti e 10 poliziotti feriti. Il presidente francese e il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon sono arrivati a Le Bourget, nord della capitale, per accogliere i 150 leader del mondo che partecipano alla XXI Conferenza Onu sul clima (COP21) e XI riunione delle Parti del Protocollo di Kyoto. Il summit durerà 12 giorni. (il sito è http://www.cop21paris.org).

COP21 è l’occasione storica per tentare una svolta contro il surriscaldamento del pianeta. Alla Conferenza si cercherà un accordo che limiti il riscaldamento globale a 2 gradi rispetto ai livelli dell'era pre-industriale; 183 Paesi su 195 hanno presentato degli impegni per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Questi impegni, che già di per sé rappresentano un significativo passo in avanti, porterebbero comunque a un riscaldamento prossimo ai 3 gradi, quindi insufficienti a raggiungere l’obiettivo. Il summit punta quindi a delineare per i prossimi decenni i meccanismi di revisione al rialzo dell'accordo ma è quasi sicuro che non si raggiungeranno gli obiettivi e non si farà quello che è necessario fare.

Chi propone cosa
A Parigi si confrontano tre blocchi: paesi industrializzati, paesi in via di sviluppo e paesi emergenti ma differenza dei tempi del protocollo di Kyoto nel 1997, l'economia e la politica sono cambiate. A Parigi, ultima tappa di un lungo processo, si va per ordine sparso con indicazioni diverse sul contenimento dei gas serra. Fra i grandi inquinatori, gli Stati Uniti con Obama per la prima volta non sollevano problemi, anzi vogliono trainare i negoziati. Ci sono invece posizioni diverse fra i Brics (Brasile, Sud Africa, India e Cina) mentre fanno vero blocco i Paesi del Cvf (Climate vulnerable Forum), dalle Filippine alle Maldive, quelli più a rischio a causa dei cambiamenti climatici che temono di affogare letteralmente, sommersi dall'innalzamento degli oceani, e vogliono essere risarciti dei danni che hanno subito a causa soprattutto di inondazioni e sono disposti a produrre energia green: il loro potere nei negoziati è in un centinaio di voti che possono muovere nella votazione sull'accordo. La Russia per la prima volta sembra non mettersi di traverso, alle prese piuttosto con questioni internazionali, mentre chi questa volta potrebbe vestire i panni del 'guastatore' possono essere i paesi che producono petrolio, in particolare Arabia Saudita e Venezuela che risentirebbero di un'economia senza combustibili fossili.

L’impegno della Cina
Il presidente cinese Xi Jinping e Hollande hanno detto di essere impegnati per il successo del vertice in un incontro nella tarda serata di ieri. Xi ha voluto rimarcare che la sua presenza sottolinea «il fermo sostegno cinese allo sforzo francese per il successo della Conferenza e il raggiungimento di una accordo internazionale applicabile dalle parti». Il risultato della Conferenza, ha aggiunto Xi, dovrà riflettere il principio di «responsabilità comuni ma differenziate». Ai primi di novembre, Cina e Francia hanno diffuso un comunicato congiunto a sostegno degli obiettivi del vertice.

Incognita India
Altro protagonista del summit è l’India. Se da un lato questo Paese è, fra le grosse economie planetarie, quello in assoluto più vulnerabile (per la sua posizione geografica e per le sue dimensioni demografiche) di fronte ai cambiamenti climatici, dall'altro lato è anche considerato quello che pone più ostacoli al raggiungimento di un accordo, se non in cambio di consistenti contropartite economiche. Con un intervento sul Financial Times, il premier indiano Narenda Modi ha rivolto uno schietto monito ai Paesi ricchi del mondo, ricordando che essi hanno l'imperativo morale di guidare la battaglia contro il riscaldamento climatico: essi «hanno spianato la loro strada verso la prosperità con i combustibili fossili» e devono quindi continuare a sopportarne il peso più grande: «Qualsiasi altra soluzione sarebbe moralmente sbagliata» ha affermato Modi.

Modi, il cui Paese è il quarto emettitore di gas a effetto serra dietro alla Cina, gli Usa e l'Ue, ha annunciato di volersi fare promotore di un'alleanza internazionale tra i 121 paesi dei Tropici ricchi di sole, ma poi ha nuovamente ricordato alle nazioni ricche i propri doveri: «Il principio della responsabilità comune ma differenziata deve restare il fondamento della nostra impresa collettiva» verso un accordo che freni il riscaldamento. «Il tenore di vita di pochi non deve escludere le opportunità dei molti che stanno compiendo i primi passi sulla scala dello sviluppo».


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