
Il futuro è nello streaming. Ma le opportunità nascono ovunque: pagamento dei diritti d’autore, utilizzo dei Big Data come strumento di marketing, “pacchetti” per la distribuzione dei brani musicali. Sono alcuni dei business sviluppati dalle startup della musica digitale italiana, segmento che incide su quasi la metà (46%) del nostro mercato discografico. Nei primi nove mesi del 2015, secondo dati della Federazione Industria Musicale Italiana (Fimi), l’industria della “musica online” ha generato un valore di 43,2 milioni di euro sui 93,9 dell’intero settore. Un balzo del +27% sullo stesso periodo dell’anno scorso che certifica la crescita del fenomeno, ma non risolve i nodi sulla profittabilità delle imprese che distribuiscono brani o licenze sul web. A partire da colossi come la svedese Spotify: 75 milioni di utenti attivi e 3 miliardi di dollari versati in royalty, ma perdite che crescono a velocità maggiore dei ricavi forniti dalla sottoscrizione a pagamento di meno di un terzo dei suoi iscritti (20 milioni).
La questione di fondo resta creare dei modelli capaci di fruttare un ritorno ai vari attori in causa, dalle major agli artisti emergenti. Una sfida raccolta da startup che si dividono, soprattutto, tra tutela della proprietà intellettuale, distribuzione dei contenuti e condivisione di progetti. Qualche esempio? Soundreef (si legga articolo sotto) si occupa dell’intermediazione dei diritti d’autore, con un archivio digitale di oltre 170mila brani e la copertura di 15 paesi. Musixmatch cavalca uno dei fenomeni più diffusi sulla rete, la ricerca di testi, con un “vocabolario online” integrato ai servizi di Spotify e specializzato nell’analisi dei dati. Sounday è una piattaforma per artisti, etichette e agenti nella gestione di progetti musicali, cresciuto fino a un network di 150 etichette partner, 50 artisti gestiti su YouTube e una “playlist” interna da 500mila brani.
Enzo Mazza, presidente Fimi, spiega che il terreno più interessante resta però «l’inarrestabile crescita dello streaming» che sta facendo volare le piattaforme per la fruizione (gratuita) di file musicali. Se si guarda al fenomeno su scala internazionale, i numeri sono imponenti: secondo un’indagine di Nielsen, il totale di tracce musicali ascoltate in streaming su canali audio e video è salito dai 106 miliardi del 2013 ai 164 miliardi del 2014. «È sicuramente il futuro del settore anche se si andrà incontro ad un processo di consolidamento. I margini sono veramente ridotti e società stand alone si troveranno di fronte a grosse sfide. Più solide invece le società che puntano sull’integrazione con telefonia o hardware, con il “bundle” (i “pacchetti” che includono una serie di offerte, come il traffico o i minuti per le telefonate, ndr)» dice Mazza. Altri due fronti da tenere sotto osservazione sono il contrasto alla pirateria informatica e l’uso dei Big Data come strumento di interpretazione del mercato. Da un lato, Mazza fa l’esempio di Digital Content Protection, specializzata in tutela dei diritti e rimozione dei contenuti illeciti. Dall’altro, sono esperienze come quella di Musixmatch a svelare un’altra via per i ricavi: l’analisi dei dati ai fini del marketing. «Intorno al successo di un artista emergono dati sui profili degli utenti, le loro abitudini e ovviamente i loro gusti musicali. Se si riescono a sfruttare in maniera intelligente possono trasformarsi in una leva importante per il marketing del settore».
© Riproduzione riservata