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Prezzo del grano ai minimi dal 2010

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Prezzo del grano ai minimi dal 2010

Il grano non riesce a risollevarsi dai minimi da sei anni, toccati per la prima volta mercoledì sia a Chicago che a Parigi. Ieri la seduta si è di nuovo chiusa in ribasso, nonostante la domanda sia stata ravvivata dai prezzi bassi: persino l’Egitto - il maggior importatore del mondo, che di recente aveva respinto diversi carichi per sospetti di contaminazione - è tornato sul mercato, con l’acquisto di 300mila tonnellate, il più consistente da quasi un anno.

Non ci sono molti appigli per una decisa inversione di tendenza delle quotazioni. I fattori ribassisti sono infatti numerosi, dalle scorte globali elevatissime, alle condizioni meteo favorevoli in tutto il mondo, alla competizione sempre più aggressiva tra gli esportatori, che finora sta fortemente penalizzando gli Stati Uniti. Con il dollaro forte, l’export a stelle e strisce in questa stagione è avviato ad essere il più basso da oltre quarant’anni, mentre i grandi trionfatori, grazie anche al crollo delle valute locali, sono Russia e Ucraina da un lato e l’Argentina dall’altro, che ha ricevuto una forte spinta anche dalla cancellazione di quote e tasse sull’esportazione.

Inesorabilmente in discesa da oltre tre anni, a Parigi le quotazioni a pronti del grano mercoledì hanno sfondato al ribasso l’importante soglia psicologica dei 150 euro per tonnellata. Il contratto per maggio, il più scambiato, è sceso ai minimi dal 2010, aggiornati ieri a 152,75 €. Anche a Chicago il future con la stessa scadenza è ai minimi da 6 anni, sotto 4,5 dollari per bushel.

Il risveglio della domanda e il rapporto Usda sulle intenzioni di semina, secondo cui gli agricoltori americani ridurranno drasticamente i terreni dedicati al grano, hanno offerto qualche spunto di rilancio, ma il rimbalzo è stato debole e inefficace.

Dopo l’Egitto - che precisando i livelli tollerati del fungo ergot sembra aver restaurato la fiducia presso i venditori - anche l’Arabia Saudita ha avviato un’asta per importare ben 770mila tonnellate di grano . Ordini importanti sono inoltre arrivati da Giordania, Iraq e, per il grano duro, da Tunisia e Algeria.

L’International Grain Council (Igc) ieri ha però rivisto al rialzo per l’ennesima volta le stime sulla produzione 2015-16, da 731 a 732 milioni di tonnellate. Anche se per la prossima stagione prevede raccolti in calo di 21 milioni di tonnellate, le scorte globali - tra questo e altri cereali - sono al record da oltre trent’anni: 465 milioni di tonnellate.

Servirà a poco anche la rinuncia dei coltivatori Usa, che ridurranno del 6,6% l’area seminata a grano, portandola a 51 milioni di acri (21 milioni di ettari), la più ristretta da 46 anni. Grazie a rese eccellenti, prevede l’Usda, le scorte sul mercato americano cresceranno ugualmente, da 966 a 989 milioni di bushel.

In generale la superficie dei terreni coltivati negli Usa dovrebbe ridursi dell’1% (a 249,1 milioni di acri). Per gli agricoltori d’oltre Oceano sono tempi difficili: i profitti netti quest’anno sono attesi crollare a 54,8 miliardi di dollari, il minimo da 13 e meno della metà rispetto al record di 123,3 miliardi del 2013 (si veda il Sole 24 Ore del 13 febbraio).

Agli attuali livelli di prezzo - e nonostante i minori costi per fertilizzanti e combustibili - AgResource stima una potenziale perdita di 25 $ per ogni acro seminato a grano negli Usa e di 70 $ nel caso di mais e soia, che però consentono maggiori potenziali risparmi. Una mano arriverà anche dal Governo, con sussidi diretti in aumento del 31% a 13,9 miliardi di dollari.

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