CERNOBBIO - Il tempo è denaro. Nessuno usa queste precise parole, ma tutti gli investitori e operatori del mercato dei crediti in sofferenza presenti a Cernobbio esprimono lo stesso concetto: per rendere appetibile il veicolo che il Tesoro sta creando per favorire lo smobilizzo dei crediti deteriorati (Npl), è necessario ridurre i tempi di recupero dei crediti stessi. Le modifiche già varate alla legge fallimentare, proprio con questo obiettivo, non bastano. Serve di più. Il ministro Padoan lo sa bene e - proprio dal palco del Forum Ambrosetti - promette «ulteriori misure per facilitare e velocizzare le procedure» di recupero crediti. Gli addetti ai lavori aspettano: la partita sui crediti in sofferenza si gioca infatti tutta sui tempi. È questa la variabile-chiave.
«Oggi la casa di un italiano messa a garanzia di un credito vale il 30-35% in meno di un’abitazione analoga di uno spagnolo o di un francese, semplicemente perché servono più anni per recuperare quella garanzia», afferma Davide Serra, fondatore e Ceo del fondo Algebris. «Il veicolo allo studio per favorire lo smobilizzo delle sofferenze può funzionare solo se si accorciano i tempi della giustizia e del recupero - ribadisce Giovanni Bossi, numero uno di Banca Ifis -. Non servono rivoluzioni, ma vanno snellite le procedure civili». E anche altri investitori, pur senza rilasciare dichiarazioni, evidenziano lo stesso problema. Perché il tempo, nel mondo dei crediti in sofferenza, è denaro: accorciando la durata media di recupero dei crediti di due anni, calcola per esempio Antonio Guglielmi di Mediobanca Securities, il valore attualizzato delle sofferenze sale del 10-12%.
Questo è il problema: se un credito deteriorato viene recuperato in fretta ha un valore, se viene recuperato lentamente ne ha uno inferiore. Attualmente in Italia il tempo medio di una procedura fallimentare è di 7,8 anni (secondo i dati di Mediobanca Securities), in calo rispetto agli 8,8 anni del 2010 ma ancora troppo alto rispetto al resto d’Europa. Per di più esistono divaricazioni enormi tra le varie regioni: se in Trentino Alto Adige le procedure durano in media 5 anni e in Lombardia 6, in Basilicata durano 12,2 anni, in Sicilia 11,4, in Puglia 10,3 e in Calabria 10. Questo scoraggia qualsiasi investitore a comprare crediti in sofferenza: più si allungano i tempi necessari per recuperarli, infatti, più i margini di guadagno si assottigliano e i rischi aumentano. Per questo gli investitori specializzati sono disposti a comprare sofferenze dalle banche italiane a prezzi molto bassi (intorno al 20% del valore nominale).
Se invece si riuscissero a velocizzare le procedure, gli investitori sarebbero disposti a pagare un po’ di più. E le banche, che attualmente hanno i crediti in sofferenza in bilancio al 40% circa del valore nominale, ridurrebbero le perdite vendendoli al migliore offerente. Il problema oggi è proprio il divario, troppo grande, tra il valore di bilancio dei crediti e il prezzo a cui gli investitori sarebbero disposti a comprarli: se le banche li vendono a prezzi troppo bassi, incassano tali perdite da aver bisogno di aumenti di capitale. Per ridurre il gap, dunque, è necessario giocare proprio sui tempi. Ecco perché il Governo sta lavorando su questo fronte: perché questo potrebbe smuovere davvero il mercato dei crediti deteriorati e potrebbe attirare nel veicolo allo studio del Ministero anche investitori veri. Quelli specializzati nel settore. Il ministro Padoan promette «ulteriori misure» su questo fronte. E assicura che il Governo sta cercando di «anticiparle per mettere a disposizione delle banche». Dalle parole, ora bisogna vedere i fatti.
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