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Se il M5S sostituisce il Pd

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l’analisi

Se il M5S sostituisce il Pd

C’è stato un tempo in cui la sinistra era «giustizialista», «la sponda politica della magistratura» e le Procure ne erano addirittura «la mano armata». Era il tempo di Mani pulite e, via via, del ventennio berlusconiano, delle «persecuzioni giudiziarie» e dei «giudici politicizzati».

Il tempo della «grande riforma della giustizia», della rivendicazione del «primato della politica» contro la «dittatura delle Procure». I “garantisti” di allora tuonavano, dentro e fuori i palazzi della politica e delle istituzioni, contro la sinistra «forcaiola e giustizialista», che tuttavia, in nome della «legalità» e della difesa dell’autonomia e indipendenza della magistratura, riempiva (ancora) le piazze anche se in Parlamento non riusciva a bloccare leggi ad personam e norme anti-giudici ma si limitava alla «riduzione del danno». Poi, con la caduta di Berlusconi e con l’avvento di Matteo Renzi, il film è cambiato, se è vero che neppure un anno fa (era il 22 settembre 2015), dal suo banco di Montecitorio, lo storico esponente forzista Francesco Paolo Sisto applaudì con un «Benvenuti tra noi!» i colleghi del Pd per la piroetta sulla riforma delle intercettazioni, eterno cavallo di battaglia del centrodestra contro gli «abusi» delle Procure e dei media ma argomento (quasi) tabù per il Pd di allora. Che oggi, invece, ne fa uno degli emblemi della sua battaglia “garantista”, lasciando così al Movimento 5 Stelle il ruolo di paladino delle Procure o del partito dei cosiddetti giustizialisti.

Nel tempo che viviamo, dunque, i grillini hanno occupato lo spazio che fu del Pd, quanto a difesa dell’operato delle Procure, soprattutto contro la corruzione politica. Tra l’altro, spesso le parole e i toni del premier Renzi evocano quelli dell’ex premier Berlusconi contro la magistratura: meno violenti ma potenzialmente delegittimanti. Per esempio, quando insinuano un uso strumentale delle intercettazioni o la lentezza dei tempi per arrivare a sentenza come espedienti per tenere sulla graticola la politica. Scenari in teoria non fantascientifici, seppure da dimostrare. Ma quanto meno inopportuni se rilanciati a ogni inchiesta che tocca o lambisce la politica. I 5 Stelle, quindi, hanno gioco facile a schierarsi con le Procure.

Giustamente, Renzi auspica una giustizia veloce, soprattutto se in ballo ci sono interessi politici o economici, mentre Berlusconi lavorava per allungare i processi o per farli morire prematuramente. E tuttavia, la macchina giudiziaria è ancora carente di giudici, di cancellieri e di norme che ne rendano più efficace il funzionamento. Tant’è che il neopresidente dell’Anm, Piercamillo Davigo, ha subito chiesto al governo di attivarsi su questi fronti invece di ironizzare sui ritardi o sugli scopi reconditi delle inchieste. E questa è musica per le orecchie dei 5 Stelle.

Il movimento di Grillo non crede nel garantismo del Pd, come il Pd non credeva in quello di Berlusconi: non “cifra” dell’azione politica del governo, ma “alibi” strumentale alla tutela di interessi di parte e finalizzato a ridimensionare l’azione delle Procure. E punta sulle oscillazioni del garantismo Dem: timido sul carcere (tanto che il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha dovuto redarguire alcuni suoi compagni di partito per certe posizioni “giustizialiste”); inflessibile sugli avvisi di garanzia che “non sono sentenze di condanna”, e quindi non obbligano alle dimissioni; contraddittorio sugli aumenti di pena per i reati di strada; incoerente sulla repressione della corruzione politica; ambiguo sulla riforma delle intercettazioni...

«Garantismo è parola svilita, deturpata dall’abuso», scrive giustamente il filosofo del diritto Dario Ippolito in un libricino denso, dal titolo «Lo spirito del garantismo» (Donzelli editore). È una parola che suscita sospetto e insofferenza, evoca cavilli procedurali, suona falsa, viene associata all’idea di impunità e di privilegio, mentre è «il sistema di regole e principi funzionali alla protezione dei diritti individuali. Protezione necessaria - scrive Ippolito - tanto rispetto all’illegalità violenta dei crimini, quanto alla violenza istituzionale degli apparati repressivi». In sostanza, la sicurezza e la libertà non sono minacciate soltanto dalla criminalità, ma possono esserlo anche da pene eccessive, da arresti e da processi sommari, da controlli arbitrari e pervasivi di polizia. Per dirla con il giurista Luigi Ferrajoli, «da quell’insieme di interventi che va sotto il nome nobile di “giustizia penale” e che, forse, nella storia dell’umanità, è costato più dolore e ingiustizie dell’insieme dei delitti commessi».

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