
Dopo aver tanto atteso il provvedimento dell’agenzia delle Entrate (arrivato il 14 aprile) sui requisiti di accesso al regime di adempimento collaborativo, non si possono nascondere le tante perplessità che restano per chi volesse aderire. In modo particolare l’obbligo (punto 4.5, lettera e), non previsto dal decreto legislativo sulla Cooperative tax compliance, di allegare anche, a pena di non ammissibilità, la mappa dei rischi fiscali individuati dal sistema di controllo dal momento della sua implementazione e dei controlli previsti. Una sorta di autodenuncia preventiva, di cui non è peraltro dato conoscere bene il regime sanzionatorio applicabile. Ma vi è di più: se dopo l’ammissione emergono rischi fiscali non individuati dal sistema e non comunicati, l’Agenzia può disporre l'esclusione dal regime, valutata la rilevanza dei rischi fiscali non individuati o non comunicati.
Dunque, se in accertamento emerge che il sistema o, come spesso capita, le interpretazioni su certe fattispecie non collimano con quel che valuta l’amministrazione, il rischio è totale: si decade dal beneficio e probabilmente anche dalle sanzioni ridotte, sia per quel che si è autodenunciato prima sia per quanto accertato dopo. Così l’auspicata trasparenza e il fine dichiarato del decreto (favorire, nel comune interesse, prevenzione e risoluzione delle controversie fiscali) sono molto lontani.
Dal decreto si desumeva, al contrario, un incentivo all’adesione, per la possibilità di pervenire con l’Agenzia a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni, con forme di interlocuzione costante e preventiva su elementi di fatto, inclusa la possibilità di anticipare il controllo. L’adesione al regime comporta altresì un iter abbreviato di interpello preventivo sull’applicazione delle norme tributarie a casi concreti in cui l’interpellante ravvisa rischi fiscali. Per i rischi comunicati in modo tempestivo ed esauriente all’Agenzia, prima della presentazione delle dichiarazioni (e non all’atto della domanda di adesione), se l’Agenzia non condivide la posizione dell’impresa, le sanzioni amministrative applicabili sono ridotte della metà (da notare che quelle in caso di ravvedimento operoso sarebbero addirittura inferiori) e comunque non in misura superiore al minimo edittale.
Varrebbe la pena ribadire che, a detta di molti operatori economici interessati, il validissimo strumento della cooperative tax compliance decollerà solo se e quando il legislatore finalmente farà una riduzione totale delle sanzioni amministrative e un’incontrovertibile esclusione di quelle penali, lasciando spazio al solo recupero di imposte e interessi.
Purtroppo, oltre a lasciare aperti molti dubbi su come impostare un sistema efficace di controllo del rischio fiscale, la procedura di adesione è a oggi un’esposizione potenzialmente pericolosa anche per i contribuenti più virtuosi e coraggiosi, non solo nei confronti dell’Agenzia ma di tutti gli stakeholder della società che legittimamente si domanderanno se a fronte dei rischi denunciati per il passato si sia adeguatamente stanziato un fondo rischi in bilancio.
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