Nomi quali Lending Club e OnDeck, entrambe divenute “public company” circa due anni fa dopo aver rastrellato, rispettivamente, poco meno di 400 milioni e poco meno di 540 milioni di dollari in una dozzina di round di finanziamento, costituiscono per il momento un traguardo irraggiungibile per le startup italiane che puntano su forme evolute del prestito a soggetti privati. Se il fenomeno è sicuramente maturo negli Usa e soprattutto nella Bay Area di San Francisco – lo confermano i risultati di aziende come Sofi (che ha raccolto qualcosa come un miliardo di dollari lo scorso settembre in un operazione Series E guidata da SoftBank), Funding Circle e Prosper – anche da questa parte dell’oceano c’è grande fermento. E non solo nella city di Londra, dove operano realtà di riferimento in questa branchia del fintech come RateSetter e Zopa. Nel mondo secondo Cb Insight le startup dele banche hanno raccolto dal 2010 10,3 miliardi di dollari. Il segmento delle piattaforme P2p nel 2015 rappresentano il 63% degli investimenti. Le piattaforme attive nell’Unione europea hanno movimentato nei primi quattro mesi dell’anno oltre 243 milioni di euro di prestiti. Una cifra in forte crescita ma ancora lontana dai 1,2 miliardi di sterline erogati nella sola Gran Bretagna nello stesso periodo. Al di là dei numeri, è secondo gli esperti importante registrare iniziative che confermano il processo di crescita di questo fenomeno in Europa. Una di queste è sicuramente la prima operazione di cartolarizzazione europea di un marketplace di p2p lending, nella fattispecie Funding Circle: i prestiti erogati da questa piattaforma alle piccole imprese vengono cioè trasferiti al mercato obbligazionario e agli investitori istituzionali attraverso la trasformazione in titoli obbligazionari. A sancire la garanzia del prestito obbligazionario da complessivi 130 milioni di sterline si è mosso il Fei (Fondo Europeo Investimenti), con l’intento dichiarato di sostenere la finanza alternativa per le piccole imprese britanniche.
E in Italia? Qualcosa si sta muovendo anche se c’è una doverosa premessa da fare di natura normativa. E cioè l’assenza, almeno per il momento, di un quadro regolatorio di riferimento preciso dedicato al social lending (presente invece sul fronte dell’equity crowdfunding), che lascia libera interpretazione delle norme contenute nel Testo Unico Bancario. Le piattaforme focalizzate sui prestiti tra privati oggi attive in Italia sono in ogni caso quattro - Smartika, Prestiamoci, Younited Credit e Soisy – mentre una si concentra sui prestiti da privati a imprese (Borsa del Credito) e un’altra ancora (iBondis) sui prestiti da investitori istituzionali a imprese. Il caso di Younited Credit è significativo perché si tratta di una piattaforma P2P per prestiti ai privati attiva dal 2011 che non nasce in Italia (perchè di proprietà della francese Prêt d’Union) ma che dallo scorso 28 aprile gode di un passaporto europeo valido per operare anche nel nostro Paese. La strategia di Intesa SanPaolo, che ha destinato 30 milioni di euro alla creazione di Neva Finventures, società che selezionerà e co-finanzierà nuove imprese va per l’appunto in questa direzione. E significativo è anche il sodalizio fra Satispay e Banca Etica per inviare denaro ai contatti della propria rubrica telefonica.
Segnali forse ancora limitati al cospetto di altri mercati europei in cui le iniziative di p2p lending e più in generale di fintech si stanno moltiplicando a forza di deal a sei zeri, ma che confermano come anche in Italia si sia messo in moto un meccanismo virtuoso.
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