Il modello di business è già scritto nel nome: “SafeMotos”, moto sicure. Si chiama così la startup lanciata a Kigali, capitale del Rwanda, per offrire ai viaggiatori un servizio affidabile di “moto taxi” nel tumultuoso traffico della città. Le due ruote detengono il record, poco invidiabile, dell'80% di incidenti mortali sulle strade del paese africano. Da qui l’idea di un servizio ispirato a Uber («senza esserne un clone») per tracciare le vie più pratiche, recensire i conducenti e decidere la soluzione meno rischiosa. La startup, fondata dal keniota Peter Kariuki e il canadese Barrett Nash, ha attirato l’attenzione di testate come l’Economist e si basa un un sistema semplice: ai conducenti con un minimo di tre anni di esperienza viene assegnato uno smartphone, con la app già installata, per registrare fattori critici come la velocità nei movimento o il percorso selezionato. I dati, combinati al feedback dell’utente, formulano un punteggio finale che vale già da biglietto da visita per i clienti. Oggi SafeMotos ha registrato sul suo database 20mila viaggi, 500mila chilometri e 5mila utenti. I finanziamenti incassati dal 2014 ammontano a 131mila dollari in due round, una cifra che non spicca tra i più grandi exploit del Continente (si legga l’articolo sopra) ma permette comunque di insistere sull’espansione auspicata dai due fondatori. I limiti? I fondatori parlano soprattutto della carenza di professionisti qualificati nel ramo Ict, come sviluppatori e tecnici per potenziare il servizio. Senza contare l’assenza, in Rwanda, di un sistema di startup e innovazione imprenditoriale simile a quello che inizia a emergere in paesi nella triade Sud Africa, Kenya e Nigeria.
Nel frattempo, però, stanno già spuntando concorrenti sui mercati vicini. SafeBoda, lanciata a Kampala nel 2015 dai due cofondatori Maxime Dieudonne e Alastair Sussock, si è appena aggiudicata un round da 229mila dollari con un progetto più ambizioso: diventare un altro «Uber delle motociclette» in vari paesi a reddito medio-basso, grazie a un sistema integrato di tecnologie, equipaggiamento e formazione delle risorse. I “SafeBoda drivers” devono frequentare corsi su codice della strada e pronto soccorso, indossano obbligatoriamente il casco e sono assistiti da una squadra di meccanici al servizio della startup. La app a disposizione degli utenti permette di sapere quale conducente è stato assegnato e di esprimere un punteggio sulla propria esperienza al termine della corsa.
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