Oltre 3 miliardi di dollari in exit nell’arco di un trimestre, ma investimenti in calo e una quota minima di startup con risultati positivi sul medio periodo. Sono i due lati della medaglia nel sistema di Israele, la “startup nation” che ha investito una dose massiccia di capitali pubblici e privati per la crescita di aziende hi tech sul suo territorio. L’hub di riferimento è insediato a Tel Aviv, capitale commerciale del Paese e culla di un fermento di incubatori e tecnologie che le ha permesso di svettare nei ranking di settore accanto a San Francisco e Austin. Quali sono le dimensioni del fenomeno? Secondo i dati forniti in tandem dal centro di ricerca Ivc e Kpmg, il primo trimestre del 2016 si è chiuso con un totale di 3,32 miliardi di dollari per 45 accordi di fusione e acquisizione. Il valore medio dei deal siglati si aggira sui 74 milioni di dollari, anche se il 57% dell’intero giro d’affari ruota intorno ad appena tre operazioni: l’acquisizione dell’impresa di semiconduttori Ezchips a opera del colosso tech Mellanox (811 milioni di dollari), il buyout da 643 milioni di dollari di Xura (già nota come Comverse) e l’operazione da 430 milioni di dollari con la quale Oracle ha messo le mani sulla startup del cloud Ravello Systems. I finanziamenti privati hanno toccato quota 1,09 miliardi dollari, a beneficio di 173 imprese dominate da settori come produzione di software (32%) e life sciences (30%). Meno ricca del previsto la raccolta delle imprese nel settore Internet: circa 100 milioni di dollari, pari al 9% del totale e in discesa dai 339 milioni dell’anno scorso.
Al di là della contabilità di settore, però, la fragilità del sistema emerge dal trend degli investimenti interni e dalla capacità di sopravvivenza delle imprese avviate.
La “startup nation” sta scontando il calo di investimenti dei fondi venture capital israeliani, ferma a 130 milioni di dollari con tonfo del 40% rispetto all’ultimo trimestre 2015 e del 23% sul primo trimestre dello stesso anno. E i primi bilanci sui risultati effettivi delle startup mostrano un tasso di mortalità più elevato dei pronostici. Sempre secondo l’analisi del centro Ivc, appena 139 aziende sulle 5.400 attive possono definirsi “di successo” secondo una gamma di criteri che include ’'aver raggiunto - almeno - una dimensione discreta di fatturato (100 milioni di dollari) e dipendenti (più di 100).
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