Le clausole del regolamento condominiale predisposte dal costruttore dell’edificio che, spingendosi oltre i possibili contenuti previsti dall’articolo 1138, comma 1, Codice civile, impongano limiti ai poteri e alle facoltà spettanti ai condòmini sulle singole unità immobiliari - e sempre che siano enunciate in modo chiaro ed esplicito - sono vincolanti per i successivi acquirenti delle distinte porzioni dell’edificio. Ma solo se ricorrono due alternative condizioni.
O il regolamento deve essere trascritto nei registri immobiliari (ma ciò suppone che esso possa intendersi, agli effetti dell’articolo 2645 Codice civile, un atto dispositivo della comproprietà); oppure, nel titolo di acquisto deve essere fatto espresso riferimento al regolamento, pur senza ritrascriverlo materialmente per intero, in maniera che esso possa ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo operato nel contratto, trattandosi comunque di integrare il contenuto di un negozio soggetto a forma scritta essenziale (Cassazione, sentenze 19798/2014 e 17886/2009).
Il richiamo, quindi, ha rilievo se operato con riferimento ad un determinato regolamento già esistente al momento del singolo atto di acquisto. Non vale, cioè, l’obbligo assunto dall’acquirente, nel contratto di compravendita del singolo appartamento, di rispettare un qualsiasi regolamento di condominio da predisporsi in futuro a cura del costruttore (Cassazione, sentenza 5657/2015).
Analogo problema di opponibilità ai successivi acquirenti si pone per le clausole del regolamento di condominio che dispongano deroghe ai criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabilite dagli articoli 1123 e seguenti del Codice civile. Solo la trascrizione del regolamento, o lo specifico richiamo nei titoli di acquisito, possono procurare efficacia reale a tali convenzioni di distribuzione delle spese condominiali.
Se quindi si vuole verificare la validità di simili clausole del regolamento condominiale, predisposte dal costruttore venditore ed accettate dagli acquirenti delle singole unità, alla luce dell’articolo 33, comma 1, del Codice del consumo, a parte la necessità di riscontrare, in concreto, la sussistenza degli status soggettivi di “professionista” e “consumatore” con riguardo ai contratti di acquisto delle unità condominiali, è bene evidenziare come, per far valere in giudizio la nullità delle eventuali clausole vessatorie inserite nel regolamento predisposto dal costruttore venditore e accettato dai partecipanti, non sussiste la legittimazione processuale dell’amministratore di condominio, ma occorre un’azione esperibile da (o nei confronti di) tutti i condomini (Cassazione, sentenza 12342/1995).
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