Il Comune non può ordinare, in via di urgenza, ai condòmini il ripristino dell’impianto termico centralizzato.
L’articolo 50, comma 5, del Dlgs 267/2000 prevede infatti una serie di casi tassativi. E, dunque, il Comune non può emettere ordinanze in via di urgenza, per fronteggiare situazioni permanenti, come la decisione di un condominio di dismettere l’impianto termico centralizzato, per passare ad impianti di riscaldamento autonomi ed individuali, per questioni di contenimento energetico e di riduzione dei consumi. Questo in sintesi, il contenuto della pronuncia del Consiglio di Stato 3369/2016.
Oggetto del provvedimento del sindaco era la decisione assunta dall’assemblea di un condominio di ricercare individualmente soluzioni alternative per assicurarsi il calore necessario per l’imminente) stagione invernale, non essendo più ripristinabile l’impianto termico centralizzato. Non solo: già nell’inverno del 2012, era venuta meno, per finita locazione, la disponibilità del locale di proprietà privata dove era ubicata la caldaia comune. Il condominio si era immediatamente attivato per cercare soluzioni tecniche alternative, senza tuttavia reperire un locale adatto. Per il Consiglio di Stato è, quindi, legittimo il comportamento dei condòmini che si sono procurati altre fonti di calore, mediante impianti di riscaldamento autonomi, per «cause tecniche o di forza maggiore», anche ai sensi della della legge Regione Piemonte 13/2007 (all’epoca vigente).
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