Il Ddl di bilancio 2017 modifica la disciplina del credito d’imposta per ricerca e sviluppo (introdotto dal Dl 145/2013, articolo 3) sotto cinque favorevoli punti di vista: durata, percentuale di agevolazione, spese ammesse, tetto massimo ed estensione alla ricerca commissionata dall’estero. In questo modo le imprese avranno anche più tempo per pianificare la
propria attività di ricerca e sviluppo.
Le modifiche avranno efficacia dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (2017 per i soggetti solari). Avremo
quindi due modalità di conteggio: la prima per il biennio 2015-2016, la seconda per gli anni 2017-2020.
L’ambito temporale dell’agevolazione - che resterà come prima conteggiata secondo un approccio incrementale rispetto alle spese del triennio 2012-2014 - sarà esteso di un anno: pertanto, mentre in precedenza spettava per il periodo 2015-2019, ora spetterà per il periodo 2015-2020. Il credito potrà essere conteggiato nella misura del 50% su tutte le spese ammesse all’articolo 3, comma 6 del Dl 145/2013, senza più prevedere l’aliquota ridotta del 25% in relazione alle quote di ammortamento sulle spese per strumenti ed attrezzature di laboratorio ed alle spese per competenze tecniche e privative industriali. Questa modifica semplificherà anche i conteggi dei contribuenti, poiché non sarà più necessario segmentarli a seconda della tipologia di spese sostenute, per tenere conto della diversa aliquota
di agevolazione.
Il limite annuo del credito sarà elevato in modo significativo: da 5 milioni a 20 milioni di euro. Si prevede inoltre un ampliamento con riferimento alla tipologia di personale impiegato i cui costi sono ammissibili al beneficio: infatti, sarà sufficiente che tale personale sia impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo ammesse, senza che sia più richiesto che sia altamente qualificato.
Molto importante è poi l’introduzione della previsione secondo cui il credito d’imposta spetta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni (Dm 4 settembre 1996). Tale previsione intende porre rimedio a un inconveniente della precedente disciplina: come spiegato nella relazione illustrativa al decreto attuativo del 7 maggio 2015, infatti, in precedenza, essendo esclusi dal novero dei beneficiari i soggetti che effettuano attività di ricerca e sviluppo su commissione di terzi, nell’ipotesi di ricerca commissionata da un’impresa non residente, priva di stabile organizzazione nel territorio dello stato italiano, a una impresa residente o alla stabile organizzazione italiana di un soggetto non residente, né la prima, per mancanza del presupposto della territorialità, né le seconde, commissionarie dell’attività, potevano beneficiare del credito d’imposta.
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