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Piccoli orfani innamorati

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Libri

Piccoli orfani innamorati

Nel grande mercato che si rivolge all’infanzia, fitto di prodotti luccicanti e malsani, è molto difficile individuare opere degne, e lo si fa sulla fiducia per certi autori, editori, registi, disegnatori. È in realtà un mercato che riguarda i genitori e gli adulti che hanno a che fare con i bambini, in specie gli insegnanti, più che i bambini (figli e scolari) che ne sono l’occasione, ammaestrati ad accettare quel che gli viene proposto di più luccicante e stordente.

Due dei nomi da salvare, da tenere a mente quando si va in libreria o quando escono dei film rivolti al pubblico infantile, sono francesi: lo scrittore Gilles Paris, autore della La mia vita da Zucchina appena tradotto in Italia per Piemme, e la sceneggiatrice e regista Céline Sciamma, cui dobbiamo tra l’altro testo e regia di Tomboy, che osava affrontare il tema delicato dell’identità sessuale a partire dall’infanzia con una sensibilità sorprendente e una vera capacità di narrare per immagini, e di recente la sceneggiatura del film di un grande regista, André Téchiné, Quando hai 17 anni, dove i protagonisti erano due adolescenti e la loro tormentata scoperta di essere omosessuali. Il romanzo di Paris è lievemente diverso dal film che Sciamma ne ha ricavato, ma ne rispetta la radicalità dello sguardo, l’onestà del racconto e del dialogo con il lettore bambino. Ai loro due nomi va aggiunto quello dell’autore centrale del film, il regista e animatore Claude Barras, che ha saputo ascoltare Paris e Sciamma ma anche imprimere al film (La mia vita da Zucchina, Ma vie de Courgette) un suo segno decisivo, dando corpo ai personaggi, luce e ritmo alle vicende.

Decisamente, è il rispetto per l’infanzia a guidare l’opera di questi tre autori, responsabili insieme di un risultato d’eccezione, che stupisce e convince nel mezzo di un diluvio di libri e film per l’infanzia o che si servono dell’infanzia per catturare lettori, come fanno non pochi scrittori italiani di oggi che si pensano adulti e certo lo sono nel modo in cui sanno muoversi nel mondo (nel mercato), anche la loro ispirazione, maturità e morale sono discutibili.

Barras, svizzero sui quarant’anni, ha disegnato i personaggi e li ha plasmati con materie diverse e malleabili, li ha infine animati con la tecnica del “passo uno”, muovendoli fotogramma dopo fotogramma (fu il cèco Jiri Trnka, tanti anni fa, a portare a maturazione questa tecnica, nata col cinema muto e con Emile Cohl). Pupazzi e non disegni. Ma non è solo la perfezione tecnica a colpire del suo film, è la sensibilità con cui vi si guarda al mondo dell’infanzia e si sa parlare all’infanzia, trattando peraltro della più disastrata, quella a cui il mondo adulto ha fatto più male. Icaro, il protagonista, 9 anni, chiamato Zucchina da una madre abbandonata dal marito e ubriacona, di cui egli provoca involontariamente la morte, finisce in una casa-famiglia per orfani non meno sventurati di lui, con storie non meno amare o tragiche. E la “rieducazione” è nella speranza di una vita adulta meno angosciante di quella infantile, affidata a un’istituzione dal volto umano.

Per Zucchina e la bambina altrettanto difficile di cui egli si innamora di un amore gentile – sì, «il verde paradiso degli amori infantili» – conterà molto un conquistato sentimento del gruppo, la solidarietà con gli altri bambini, e conterà molto l’attenzione e l’affetto del dickensiano poliziotto che si è occupato di Icaro-Zucchina dopo la tragica morte della madre e che non ha mai smesso di occuparsene. La storia di Icaro e Camille ha un lieto fine, in una felice adozione, mentre quella degli altri bambini o di molti di loro non è altrettanto felice, ma anche in questo il film è di un’onestà ammirevole: la vita continuerà a essere molto dura, in questa società, per tanti e tanti bambini.

Paris, Barras, Sciamma – tre nomi da ricordare – ci hanno donato un piccolo grande film per bambini che non mente ai bambini e non intende sfruttarli ma amarli e rispettarli. Lo vedano e vi meditino sopra anche gli adulti, e tra loro soprattutto, vergognandosi, i tanti mercanti che sull’infanzia prosperano contribuendo al disagio che non li farà adulti.

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