La definizione agevolata delle controversie tributarie, di cui al Dl 50/2017, era divenuta una misura improcrastinabile. Troppe le pressioni in tal senso, tra esigenze di deflazionare in modo drastico il contenzioso tributario e sollecitazioni a rimediare alle falle della rottamazione dei ruoli, tra cui proprio quella relativa alla pendenza della lite avente ad oggetto somme di cui solo una parte affidata ad Equitalia e, perciò, rottamabile. Sennonché il provvedimento presenta troppe criticità. Talune di ordine politico, che però potrebbero metterne a rischio il successo: così è per la scelta di prevedere poche rate, solo tre, per il pagamento delle somme dovute, come pure per quella di non distinguere in ragione dell’esito della lite nei gradi pregressi ovvero di imporre il pagamento del 40% delle somme nelle liti sulle sole sanzioni.
Vi sono però anche criticità di ordine tecnico, su cui sarebbe opportuno intervenire in sede di conversione. Il diniego alla definizione deve essere notificato entro il 31 luglio 2018; termine, questo, decadenziale, che scade un mese dopo l’ultima rata (30 giugno 2018). Ebbene, è chiaro che il diniego potrà investire solo l’ammissibilità dell’istanza, mentre nessun rilievo potrà assumere il mancato pagamento delle rate successive alla prima, posto che la definizione si perfeziona con il versamento della sola prima rata. L’impugnazione del diniego va poi fatta dinanzi all’organo presso il quale pende la lite; questo però non sembra né legittimo né giustificato, perché nel caso in cui la lite penda dinanzi alla Commissione regionale ciò significa prevedere un unico grado di merito, a fronte dei due consentiti nel caso in cui la lite penda dinanzi alla Commissione tributaria provinciale.
Un’altra criticità attiene alla previsione secondo cui è consentito promuovere l’impugnazione del diniego unitamente con la sentenza di cui si è domandata la definizione. In questo caso, se viene accolta l’impugnazione sul diniego, il giudice non dovrebbe pronunciarsi sulla sentenza impugnata, ma limitarsi a dichiarare l’intervenuta cessazione della materia del contendere. Ma che succede se tale decisione viene cassata? Si deve ritenere che il giudice del rinvio venga investito anche dell’impugnazione della sentenza di merito, sempreché sulla questione non sia sceso il giudicato? E cosa accade nell’ipotesi inversa, di rigetto dell’impugnazione del diniego, ma di accoglimento di quella contro la sentenza? Qui il contribuente potrebbe non avere interesse a impugnare la sentenza sul diniego, avendo avuto ragione nel merito, salvo che non vi sia l’impugnazione in Cassazione da parte dell’Ufficio, nel qual caso dovrebbe proporre un’impugnazione incidentale condizionata. Con ogni evidenza, la soluzione più semplice sarebbe gestire il rapporto di pregiudizialità tra le diverse vicende con la sospensione dei processi ex articolo 39 del Dlgs 546/1992.
Ad ogni modo è opportuno che in sede di conversione alcuni profili anche tecnici della disciplina siano rivisti, per evitare che quella che dovrebbe essere una misura deflattiva del contenzioso finisca per innescarne altro, inutile quanto defatigante.
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