Il credito d’imposta sulla prima casa può configurarsi, in certi casi, come un credito “a catena”. Immaginiamo, ad esempio, che Tizio nel dicembre del 2012 abbia comprato la prima casa spendendo 9mila euro per imposta di registro, che nel maggio 2014 l’abbia venduta e nel febbraio 2015 abbia comprato un’altra prima casa, con un atto che avrebbe dovuto scontare (se non ci fosse stato un credito d’imposta scomputabile) 13mila euro per imposta di registro. In quell’occasione Tizio ha dovuto effettivamente sborsare 4mila euro, perché ha portato in compensazione 9mila euro di credito d’imposta.
Fin qui tutto chiaro. La situazione si complica se si immagina che Tizio nel 2017 abbia venduto la casa comprata nel 2015 e che nel gennaio 2018 intenda comprare un’ulteriore prima casa con un atto per il quale si renderanno dovuti 7mila euro per imposta di registro.
Quanto dovrà sborsare Tizio nel 2018 ? Almeno tre sono le alternative:
- 7mila euro, perché ha consumato tutto il suo credito nel 2015;
- 3mila euro, cioè l’importo che risulta sottraendo dalla tassazione teorica del 2018 quanto concretamente speso nel 2015 (7mila – 4mila);
- Zero, perché l’importo di 7mila euro (da pagare nel 2018) è totalmente assorbito dalla tassazione del febbraio 2015 (anche se l’esborso concreto è stato allora di 4.000 euro, perché affievolito dall’utilizzo del credito d’imposta maturato ricomprando entro un anno dal maggio 2014).
Il chiarimento
La Cassazione (sentenza 2072/2016) ha dato risposta in quest’ultimo senso, sancendo, quindi, l’ammissibilità del credito d’imposta “a catena”.
La Suprema corte ha affermato che il contribuente si può avvalere del credito d’imposta «anche se tale credito si era formato non già con il pagamento» di una «somma ma in virtù di utilizzo di altro credito d’imposta relativo al precedente acquisto»; e ciò in quanto lo spirito della normativa sul credito d’imposta «mira a incentivare l’acquisto della prima casa beneficiando il contribuente autorizzandolo ad avvalersi più volte sempre del medesimo credito d’imposta, anche qualora quest’ultimo per motivi personali sia indotto a rivendere l’immobile acquistato per acquistarne altro più adatto alle mutate condizioni personali o familiari».
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