L’argomento che attualmente è la maggior fonte di decisioni giurisprudenziali in tema di agevolazione prima casa è senz’altro quello della rilevanza, o meno, della forza maggiore. Vale a dire (secondo la definizione che ne dà la Cassazione: si veda ad esempio la sentenza 1392/2010) l’evento sopravvenuto al contratto, non fronteggiabile dal contribuente, imprevedibile, inevitabile e non imputabile al contribuente stesso.
Di forza maggiore si parla essenzialmente in due situazioni.
Il cambio di residenza
Il caso più frequente è quello del contribuente che non riesce a trasferire la propria residenza entro 18 mesi nel Comune in cui è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato (per ottenere l’agevolazione prima casa occorre risiedere o lavorare nel Comune ove si trova l’abitazione acquistata con il beneficio fiscale; in mancanza, occorre andarvi a risiedere entro 18 mesi dal rogito). Può dunque egli esimersi dalla decadenza dall’agevolazione adducendo l’impedimento causato da una situazione di forza maggiore? La risposta varia a seconda delle diverse situazioni prese in esame dai giudici.
La vendita nei cinque anni
Meno frequente, ma non meno rilevante sotto il profilo delle ricadute per il contribuente, è il caso di chi si trovi a dover vendere la casa, appunto per forza maggiore (si pensi al militare trasferito per ragioni di servizio), prima del decorso di un quinquennio dalla data del rogito d’acquisto: la legge, infatti, prescrive che perde l’agevolazione chi venda la casa prima del decorso di cinque anni dalla data del rogito agevolato.
La giurisprudenza e la prassi amministrativa (si veda la tabella a fianco) sono state oltremodo ondivaghe sul punto.
Il tema si pose per la prima volta in occasione del terremoto dell’Umbria, caso nel quale venne riconosciuta l’esimente della forza maggiore a vantaggio di chi non trovava una residenza a causa della distruzione provocata dal sisma.
Da lì in avanti vi è stato un fitto e disordinato susseguirsi di decisioni positive o negative sul punto della rilevanza della forza maggiore: tanto è vero che, con riferimento alla medesima situazione prospettata dal contribuente (si pensi al caso dei lavori in corso nell’edificio acquistato o dello stato locativo o di occupazione abusiva dell’immobile acquistato) si sono registrate opinioni contrastanti.
La Suprema corte
Anche la Cassazione ha fatto la sua parte: dopo una serie di decisioni che hanno preso in esame i singoli casi concreti (decidendo per la configurabilità, o meno, della forza maggiore nelle situazioni esaminate), è intervenuta la sentenza 2616/2016 che pareva aver messo la pietra tombale sulla questione, decidendo che qualora l’acquirente domandi l’agevolazione prima casa, impegnandosi a stabilire la propria residenza nel territorio del Comune dove si trova l’immobile acquistato nei 18 mesi successivi all’acquisto, «il trasferimento è onere che conforma un potere dell’acquirente e che va esercitato nel su indicato termine a pena di decadenza, sul decorso della quale nessuna rilevanza va riconosciuta ad impedimenti sopravvenuti, anche se non imputabili all’acquirente». In altre parole, la Cassazione ha sostenuto che se il legislatore avesse voluto dar rilievo a eventi di interruzione o di sospensione del termine di 18 mesi, l’avrebbe espressamente sancito.
Senonché la Cassazione è repentinamente tornata sui suoi passi, ammettendo di nuovo la rilevanza della forza maggiore: riconoscendone la ricorrenza in tre sentenze (la 2777 e la 8351 del 2016 e la 6076/2017) e invece negandola in un altro caso (la 678/2017).
© Riproduzione riservata